        La stagione 2023 di Niccol&ograve; Canepa &egrave; stata una delle pi&ugrave; importanti della sua carriera: merito del secondo titolo mondiale Endurance, dopo quello del 2017, impreziosito dalla vittoria alla 24 Ore di Spa con la conseguente conquista dello status di &ldquo;Master of Endurance&rdquo;, primo italiano a riuscirci. Per non farsi mancare nulla, il genovese ha aggiunto due apparizioni nel BSB con il Team McAms Yamaha, oltre al ruolo di coach del Team Yamaha SBK. Nel 2024 le sfide che lo attendono sono ancora pi&ugrave; esaltanti: difendere l&rsquo;alloro iridato (YART non trionfava dal 2009!) e soprattutto fare da coach alla new entry della Yamaha Superbike, il sei volte iridato Jonathan Rea. EWC: nuovo logo 2024 Niccol&ograve; Canepa, intervista esclusiva  Niccol&ograve;, qual &egrave; il primo flash del titolo 2023? &ldquo;&Egrave; stato un cammino bellissimo, ci siamo goduti questi mesi da campioni del Mondo. Erano tanti anni che inseguivamo questo obiettivo, siamo la squadra pi&ugrave; longeva dell&rsquo;EWC, avevamo vinto diverse gare ma ci mancava il titolo, e quest&rsquo;anno siamo riusciti a portarlo a casa. Sono contento per me, perch&eacute; &egrave; il secondo titolo, ma anche per Karel (Hanika) e Marvin (Fritz), perch&eacute; &egrave; il primo che vincono, se lo sono meritato e speriamo di continuare cos&igrave;&rdquo;. Il trionfo con GMT94 del 2017 ti aveva introdotto al mondo Endurance. &ldquo;Sono passati troppi anni. &Egrave; stato forse pi&ugrave; emozionante il titolo 2023 rispetto a quello del 2017, perch&eacute; &egrave; stato veramente sudato e difficile, non &egrave; stato un percorso in discesa e quindi d&agrave; ancora pi&ugrave; soddisfazione&rdquo;. Secondo posto a Le Mans, vittoria a Spa, sofferenza a Suzuka e quarto al Bol d&rsquo;Or. &ldquo;&Egrave; stato bellissimo vincere la 24 Ore di Spa, una pista pazzesca e incredibile, siamo riusciti ad andare bene per tutta la gara e conquistare la vittoria. Un peccato, invece, quanto accaduto a Suzuka, il sogno nel cassetto rimane quello di fare un podio in Giappone, una gara iconica e storica: non ci siamo riusciti per due anni di fila ma ci proveremo nel 2024. E poi il finale del Bol d&rsquo;Or, dopo tanta sofferenza in quelle 24 ore, siamo riusciti a tagliare il traguardo e a laurearci campioni&rdquo;.  &nbsp; Niccol&ograve; Canepa, sguardo al 2024  Cosa pensi del calendario 2024? &ldquo;Non sono molto d&rsquo;accordo e speravo in qualcosa di pi&ugrave;. Inoltre, noi abbiamo anche un altro problema, ovvero due concomitanze con il mondiale Superbike. Andrew Pitt, il nostro capotecnico, &egrave; anche il crew chief di Jonathan Rea, cos&igrave; come il nostro elettronico &egrave; lo stesso di Dominique Aegerter. Entrambi non potranno venire a due gare su quattro, di fatto met&agrave; campionato, ed &egrave; un grosso problema per il team oltre che un grande dispiacere per noi, perch&eacute; abbiamo vinto insieme e anche loro si meritavano di esserci per tutto il campionato. Cercheremo di adattarci, abbiamo le spalle coperte dalla struttura e sicuramente faremo bene anche nel 2024&rdquo;. Quale numero utilizzerete? &ldquo;La scelta &egrave; tra l&rsquo;1 e il nostro 7. Io e Marvin vorremmo l&rsquo;1 mentre Karel, pi&ugrave; scaramantico, preferirebbe rimanere con il 7&hellip;&rdquo;. Parlando di Superbike, che sensazione hai provato vedendo Rea sulla Yamaha? &ldquo;&Egrave; stato bellissimo vedere che Rea, dopo tanti anni in Kawasaki, ha deciso di venire in Yamaha. E per me &egrave; stata una soddisfazione ammirare il suo sorriso a 32 denti dopo i primi giri sulla R1. Era felicissimo, della squadra e di tutte le persone coinvolte, questo &egrave; di buon auspicio. Inoltre, ha girato molto forte. Abbiamo salutato un pilota eccezionale come Toprak Razgatlioglu, che ha vinto anche il Mondiale, e ci mancher&agrave;, ma con l&rsquo;arrivo di un sei volte campione del Mondo, oltretutto subito cos&igrave; felice della nostra moto&hellip; &Egrave; stata decisamente una soddisfazione immensa. Speriamo di conquistare tante vittorie con Jonathan e con gli altri nostri piloti, Andrea Locatelli, Remy Gardner, Aegerter&rdquo;. Jonathan ha subito riformato delle amicizie in Yamaha. &ldquo;S&igrave;, quella con Pitt, suo ex compagno di squadra in Supersport ai tempi della Honda, e quella con Davide Gentile, ex elettronico Kawasaki passato in Yamaha lo scorso anno. Tutto questo dovrebbe facilitare il suo ambientamento&rdquo;. E nel team c&rsquo;&egrave; anche Fabien Foret. &ldquo;Jonathan si &egrave; portato dietro figure chiave come il suo meccanico (Uri Pallares, nde) e Foret che a sua volta agisce da coach. Sicuramente &egrave; un bell&rsquo;aiuto all&rsquo;interno del team, anche il suo meccanico ha portato tanta esperienza, &egrave; bello vedere che ha rafforzato la nostra squadra&rdquo;. EWC Calendario 2024       

Parla Niccol&ograve;: "Ora io e il Team YART ci vogliamo ripetere. Sar&agrave; affascinante collaborare con Jonathan Rea in Yamaha Superbike"

EWC, Canepa: "Il titolo 2023, ancora più sudato e difficile" | Esclusiva

Con Pecco Bagnaia riconfermatosi Campione del Mondo MotoGP nella Main Race di Valencia dello scorso 26 novembre, possiamo dunque fare la lista di tutti i Campioni del Mondo di questa annata, dal&nbsp;Mondiale Endurance fino alla MotoGP&nbsp;passando per la SBK e le altre categorie del Motomondiale.  Ecco chi &egrave; salito sul trono iridato in questa stagione  &nbsp;  Mondiale Endurance   EWC  &nbsp;  Non &egrave; stato il Bol d&rsquo;Or dell&rsquo;anno scorso con tutte le EWC out per problemi tecnici tranne FCC TSR Honda ma poco ci &egrave; mancato. Nella 24h di quest&rsquo;anno, YART ha accusato problemi di temperature del motore &ldquo;soltanto&rdquo; nelle 7 ore finali, FCC TSR si &egrave; ritirata cos&igrave; come ERC Ducati e Kawasaki Webike Trickstar mentre sono &ldquo;sopravvissute&rdquo; BMW, Yoshimura Suzuki e la stessa YART. YART che, nonostante la sofferenza, &egrave; tornata sul tetto del Mondiale Endurance dopo ben 14 anni di attesa. Era infatti dal 2009 che la R1 #7 non vinceva il Mondiale dopo aver passato gli scorsi anni a lottare per il titolo salvo poi mancarlo per sfortuna e problemi tecnici. Quest&rsquo;anno tutto ha girato al meglio per la squadra di Mandy Kainz che ha potuto rivincere l&rsquo;alloro iridato.  &nbsp;  Honda, perso il titolo a vantaggio di YART, pu&ograve; &ldquo;consolarsi&rdquo; con il bis della 8h di Suzuka con il trio composto da Nagashima, Vierge e Takahashi.  Superstock  &nbsp;  Quello del Bol d&rsquo;Or &egrave; stato un vero e proprio finale thrilling per la categoria. Honda National Motos, che aveva in pugno la vittoria della gara, si &egrave; dovuta arrendere a 25&rsquo; dalla fine per problemi al motore lasciando la vittoria al team Louit Moto33 Kawasaki con i nostri Gamarino, Saltarelli e Calia, secondi per&ograve; in campionato alle spalle della Honda Rac41. La classifica iridata per la Stock a fine gara recitava: Rac41 campione, Louit Moto33 seconda, nella notte per&ograve; la doccia fredda per Rac41 con la squalifica a causa di irregolarit&agrave; nel serbatoio e titolo a Louit Moto33.  &nbsp;  WorldSBK   SSP  &nbsp;  Con una stagione assolutamente dominata (16 vittorie su 24 gare), Nicol&ograve; Bulega (Team Aruba.it Ducati) ha centrato il titolo iridato riportando Ducati alla vittoria nella classe cadetta del Mondiale dopo il titolo di Paolo Casoli del 1997 (anche se allora si chiamava Supersport World Series). Ora per Bulega si aprono le porte della Superbike, sempre nel team interno Aruba.it con la Panigale V4R al fianco di Alvaro Bautista.  SBK    Se nel 2022 Alvaro Bautista ha vinto il titolo in Indonesia, in questa stagione ha dovuto &ldquo;penare&rdquo; fino all&rsquo;ultimo round stagionale di Jerez per avere ragione di un Toprak Razgatlioglu mai domo con la sua Yamaha R1. Lo spagnolo raggiunge piloti del calibro di Fred Merkel e Doug Polen a quota 2 titoli mondiali ma soprattutto eguaglia Fogarty nel numero di vittorie assolute e nel contempo superandolo come vittorie in Ducati (55 Fogarty, 59 Bautista)  &nbsp;  Motomondiale   MotoE  &nbsp;  La nuova era della serie elettrica targata Ducati torna a parlare italiano a distanza di 5 anni dal titolo di Matteo Ferrari nell&rsquo;annata inaugurale 2019. E&rsquo; Mattia Casadei a riportare in Italia il titolo della MotoE con una stagione incredibile: 5 vittorie di gara, compresa la prima di Misano ed altrettanti podi. Per Casadei il difficile compito di confermarsi nel 2024 nel team Tech3 insieme al connazionale Alessandro Zaccone  Moto3  &nbsp;  L&rsquo;entry class del Motomondiale parla ancora spagnolo. E&rsquo; Jaume Masia (all&rsquo;ultimo anno in Moto3) a portarsi a casa il titolo nonostante una gara in Qatar non priva di polemiche per le manovre sue e di Fernandez su Sasaki che per&ograve; non cancella il miracolo sportivo che ha compiuto in stagione: essere la prima Honda in mezzo alla selva di KTM-Husqvarna-GasGas. Masia se vogliamo &egrave; stato favorito anche dal suicidio sportivo di Dani Holgado, perfetto fino alla Germania.  Moto2  &nbsp;  La Middle Class &egrave; terreno di caccia del team RedBull KTM Ajo. Ad Augusto Fernandez, campione 2022, succede il &ldquo;Rookie Maravilla&rdquo; Pedro Acosta, dopo un bel duello iridato con il nostro Tony Arbolino. Sette i successi del #37 spagnolo che centra il titolo in Malesia chiudendo alle spalle del connazionale Fermin Aldeguer (uno dei sicuri contendenti al titolo 2024). Per Pedro si aprono le porte della MotoGP nel team GasGas Tech3 al fianco del suo ex compagno di squadra 2022 Augusto Fernandez.  MotoGP  &nbsp;  Per certi versi &egrave; sembrato di rivedere la stagione 2022, con un pilota in formissima fino ad un certo punto (Bagnaia fino a Barcellona) ed un altro che ha rimontato nella seconda parte arrivando a giocarsi il titolo all&rsquo;ultima gara (Martin). A Valencia nella gara domenicale la lotta al titolo finisce al terzo giro, con Martin out in un contatto con Marquez. Bagnaia vince la gara e si riconferma campione del Mondo. 

Terminata da un mese la stagione agonistica con la riconferma del titolo MotoGP di Bagnaia, ecco chi ha conquistato il trono iridato al termine di questa annata di gare in pista

Dall&rsquo;EWC alla MotoGP: i Campioni del Mondo 2023

Il primo decennio del nuovo millennio &egrave; stato uno tra i pi&ugrave; ricchi di rivoluzioni regolamentari e di piloti di grandissimo talento nel mondo del motociclismo. Dall&#39;arrivo della MotoGP al posto della 500, al cambiamento in Superbike con l&#39;avvento delle 1000 anche per le moto giapponesi, i piloti si sono dovuto spesso adattare a grandi novit&agrave;.  In questi anni, per&ograve;, sono stati numerosi i nomi divenuti leggenda; noi, tra i tantissimi possibili, ne abbiamo selezionati alcuni tra Motomondiale e derivate dalla serie. Ecco quali sono, secondo noi, dieci tra i piloti pi&ugrave; iconici degli anni 2000.  1) Valentino Rossi     Non possiamo non iniziare con il pilota pi&ugrave; iconico in assoluto. Oltre ai nove titoli mondiali in bacheca, in MotoGP ha scritto pagine indelebili di storia delle due ruote come il primo trionfo del 2002 con la Honda RC211V o il passaggio in Yamaha nel 2004 con cui &egrave; riuscito a vincere al debutto Inoltre, Rossi &egrave; stato in grado di avvicinare al Motomondiale tantissimo pubblico aumentando il numero di appassionati pronti a seguirlo sia in circuito che in televisione, contribuendo alla crescita del nostro sport preferito.  2) Troy Bayliss     Il ducatista per eccellenza. L&#39;australiano ha vinto tre titoli mondiali in Superbike, trionfando con tre generazioni di Ducati: con la 996 nel 2001, con la 999 nel 2006 e con la 1098 nel 2008, anno in cui ha poi appeso il proverbiale casco al chiodo dopo una carriera a dir poco trionfale in cui, al di l&agrave; delle vittorie, &egrave; diventato una leggenda per tutti i tifosi del marchio di Borgo Panigale. Inoltre, la sua impresa del 2006 a Valencia, quando vinse da wild card in MotoGP dopo aver conquistato il secondo mondiale in SBK, &egrave; ancora oggi una delle imprese pi&ugrave; iconiche di sempre.  &nbsp;  3) Max Biaggi     Il romano &egrave; stato per diverse stagioni il rivale numero uno di Valentino Rossi in MotoGP ed &egrave; innegabile che, senza Max, le prime stagioni della nuova classe regina non sarebbero state cos&igrave; emozionanti. Il Corsaro ha poi cambiato paddock nel 2007, passando alle derivate di serie imponendosi gi&agrave; all&#39;esordio con la Suzuki e chiudendo il decennio in Aprilia, marchio con cui avrebbe poi vinto due titoli mondiali diventando il primo italiano a riuscire nell&#39;impresa in SBK.  4) James Toseland     Il centauro britannico &egrave; riuscito a conquistare due titoli mondiali in Superbike, trionfando prima con la Ducati 999 ufficiale nel 2004 e poi con la Honda CBR1000RR del team Ten Kate nel 2007, anno di epici confronti con Troy Bayliss e Noriyuki Haga. Probabilmente, senza il passaggio in MotoGP con una Yamaha Tech3 decisamente non competitiva avrebbe potuto vincere ancora di pi&ugrave;, ma James &egrave; stato comunque un grande pilota e, successivamente, ha intrapreso una bella carriera anche nel mondo della musica.  &nbsp;  5) Casey Stoner     Una carriera durata decisamente troppo poco per via dei problemi di salute dell&#39;australiano, ma che si &egrave; rivelata comunque trionfale. Il successo del 2007 con una Ducati che nessuno prima di lui era riuscito a rendere cos&igrave; competitiva resta tuttora uno dei pi&ugrave; belli di sempre, anche se Casey si &egrave; poi laureato campione anche con la Honda ufficiale nel 2011. L&#39;unico rammarico &egrave; quello di non averlo visto lottare contro Marc Marquez per via del suo ritiro.  6) Ben Spies     Cos&igrave; come per la carriera di Stoner, anche quella di Ben Spies si &egrave; conclusa troppo presto, ma il texano &egrave; stato uno degli ultimi statunitensi in grado di imporsi ad altissimo livello. Il suo titolo vinto in SBK al debutto nel 2009 con Yamaha (dopo aver dominato nel contesto AMA) &egrave; stato a dir poco epico, cos&igrave; come lo era il suo inconfondibile stile di guida a gomiti larghi. Peccato soltanto per le difficolt&agrave; incontrate in MotoGP negli anni successivi prima di ritirarsi definitivamente nel 2013.  &nbsp;  7) Dani Pedrosa     Se si pensa allo spagnolo, viene in mente immediatamente la sua lunghissima carriera da pilota ufficiale Honda in MotoGP, con cui &egrave; diventato uno dei piloti pi&ugrave; forti di sempre a non aver conquistato il mondiale. Tuttavia, negli anni 2000 Pedrosa &egrave; stato anche uno specialista delle piccole cilindrate con tre titoli consecutivi vinti tra il 2003 ed il 2005 in 125 e in 250 ed &egrave; impossibile non inserirlo in questa speciale classifica.  8) Colin Edwards     Per &ldquo;Texas Tornado&rdquo; il discorso &egrave; simile a quello gi&agrave; fatto con James Toseland: probabilmente, senza il passaggio in MotoGP avrebbe potuto vincere decisamente di pi&ugrave;, ma i suoi titoli mondiali in Superbike (cos&igrave; come l&#39;iconica ed indimenticabile livrea Castrol della sua Honda) sono tra i pi&ugrave; spettacolari di sempre. Compreso ovviamente quello vinto nel 2002 al termine del duello per eccellenza di Imola 2002 con Troy Bayliss.  &nbsp;  9) Jorge Lorenzo     Con cinque mondiali vinti (di cui tre in MotoGP), Jorge non ha certamente bisogno di presentazioni. Al di l&agrave; dell&#39;ottimo debutto da pilota ufficiale Yamaha nella classe regina avvenuto nel 2008, per&ograve;, ad inizio millennio Lorenzo &egrave; stato anche uno dei pi&ugrave; grandi in 250, categoria in cui si &egrave; imposto sia nel 2006 che nel 2007 con l&#39;Aprilia dando inizio ad una carriera ricchissima di successi.  10) Noriyuki Haga     Chiudiamo con quello che, probabilmente, &egrave; stato il pilota pi&ugrave; forte di sempre a non riuscire a laurearsi campione del mondo neanche una volta in carriera. Il giapponese ha chiuso per ben tre volte come vice campione (nel 2000, nel 2007 e nel 2009) ed &egrave; stato altamente competitivo con ogni moto guidata, dalla Yamaha R7 alla R1 fino alla Ducati con cui si &egrave; giocato il titolo con Ben Spies fino all&#39;ultimo. Almeno un mondiale l&#39;avrebbe meritato, ma &egrave; entrato ugualmente nel cuore degli appassionati, specialmente per quanto riguarda le derivate dalla serie.   

Dal nove volte campione del mondo alla leggenda della SBK, passando per Ben Spies e Casey Stoner. Tra i tanti nomi vincenti di inizio millennio, ne abbiamo scelti 10: ecco di chi si tratta

Da Rossi a Bayliss: i piloti pi&ugrave; iconici degli anni 2000

        It&rsquo;s a day of announcements for WorldSBK as the championship prepares to resume at Magny-Cours this weekend. Following the news that Rea and Kawasaki will part ways at the end of this season (his contract with KRT was set to expire in 2024), Yamaha Racing now confirms that it has hired the Northern Irish rider for a period of two years. The release issued by Yamaha reads: &ldquo;Yamaha Motor Europe is pleased to announce that six-time FIM Superbike World Champion Jonathan Rea will race alongside Andrea Locatelli in the Pata Yamaha Prometeon WorldSBK Official Team in 2024, having secured a two-year agreement with the Ulsterman.&rdquo; This will be the third (Japanese) manufacturer with which Jonathan Rea is competing in World Superbike, following his time with Honda (2008-2014) and Kawasaki (2015-2023). The rider has enjoyed an incredible career to date, with six world titles to his name as well as 119 race wins, 41 pole positions, 256 podiums and 102 fastest laps over 401 races. #65 also holds the record for the longest period between his first win (Misano 2009) and latest victory (Most 2023) and has finished in the top three overall every year since 2014. A statement from the CEO Yamaha Motor Europe President and CEO Eric de Seynes states: &ldquo;We are very happy to welcome Jonathan to the Yamaha family and we are very much motivated to collaborate with him for the future. We have the same motivation to win, and the same passion for WorldSBK. Like him we have been world champions in recent years, and we want to be back on the top of the box once again. Jonathan&rsquo;s drive, determination and hunger for success have been constants throughout his career and these attributes will contribute to our future common success. We truly believe that Jonathan can add to his World Championship tally, writing his name even larger in the history books, and we are equally confident that he can achieve this together with us. We are working hard to improve further our race proven Yamaha R1, to ensure that we provide Jonathan with exactly what he needs to achieve his and Yamaha&rsquo;s goals in 2024 and 2025.&rdquo;       

The Northern Irishman has signed a two-year agreement with the team headed up by Paul Denning and will flank Andrea Locatelli

SBK: Jonathan Rea to ride for Yamaha from 2024

Giornata di annunci per quanto riguarda il Mondiale Superbike in vista della ripresa ufficiale della stagione a Magny-Cours nel fine settimana. Contestualmente all&rsquo;annuncio della risoluzione consensuale tra Rea e Kawasaki (la scadenza del contratto del #65 con KRT era il 2024), poco fa &egrave; arrivato il comunicato di Yamaha Racing che conferma l&rsquo;ingaggio del nord irlandese per due anni.&nbsp;  Si legge nella nota rilasciata da Yamaha: &ldquo;Yamaha Motor Europe &egrave; lieta di annunciare che il sei volte campione del mondo SBK Jonathan Rea correr&agrave; al fianco di Andrea Locatelli nel Pata Yamaha Prometeon WorldSBK Official Team nel 2024, avendo firmato un biennale con il nordirlandese.&rdquo;  Per Jonathan Rea si tratta dunque del terzo costruttore (sempre giapponese) nella sua storia sportiva nel Mondiale Superbike: Honda (2008-2014), Kawasaki (2015-2023), Yamaha (2024-2025). Una storia incredibilmente vincente: nella sua bacheca il nordirlandese pu&ograve; vantare ben 6 titoli di campione del mondo, 119 vittorie, 41 pole, 256 podi e 102 giri veloci in 401 gare. Il #65 detiene anche il record per il pi&ugrave; lungo periodo tra la prima (Misano 2009) e l&rsquo;ultima vittoria (Most 2023) e dal 2014 &egrave; sempre stato nella top 3 del Mondiale a fine stagione.  Classifica piloti superbike  Le parole del CEO di Yamaha   A margine dell&rsquo;annuncio, il Presidente e CEO di Yamaha Eric de Seynes ha dichiarato: &ldquo;Siamo molto felici di accogliere Jonathan Rea nella famiglia Yamaha e molto motivati di collaborare con lui per il futuro; abbiamo la stessa motivazione e la stessa passione per la SBK. Come lui, siamo stati campioni recentemente e vogliamo tornare a vincere il titolo. La determinazione e la fame di successi di Jonathan sono state determinanti per la sua carriera e questi attributi contribuiranno ai nostri successi futuri. Crediamo che Jonathan possa vincere anche con noi, riempiendo altre pagine di storia del Mondiale e siamo fiduciosi che possa farcela. Stiamo lavorando duramente per migliorare la nostra R1 per assicurare di dare a Jonathan esattamente quello di cui ha bisogno per raggiungere i suoi e nostri traguardi nel 2024 e 2025.&rdquo;  Prossimi appuntamenti Superbike&nbsp; 

Il nordirlandese ha firmato un biennale con il team diretto da Paul Denning e sar&agrave; al fianco di Andrea Locatelli

SBK: Jonathan Rea nuovo pilota Yamaha dal 2024

        Dopo un&rsquo;astinenza durata nove gare, la Yamaha &egrave; tornata a imporsi nel mondiale Endurance. L&rsquo;ultimo successo della Casa dei tre diapason nell&rsquo;EWC risaliva al 27 settembre 2020, nella 12 Ore dell&rsquo;Estoril che chiudeva la stagione. Anche in quel caso l&rsquo;equipaggio di YART Yamaha era composto da Niccol&ograve; Canepa, Karel Hanika e Marvin Fritz (nella foto), ma il distacco fu pi&ugrave; risicato, appena 24 secondi e mezzo su F.C.C. TSR Honda, mentre terza a tre giri chiuse l&rsquo;altra R1 del Wojcik Racing Team. In quell&rsquo;occasione YART fece due soste ai box in pi&ugrave; dei primi inseguitori (14 rispetto a 12), perdendo cos&igrave; 49 secondi sui rivali. I fratelli Birchall, un record di famiglia | Quella (S)Volta Che Yamaha torna a vincere nell'EWC  Curiosamente anche quest&rsquo;anno i vincitori si sono fermati pi&ugrave; volte: 28 pit stop rispetto ai 25 di F.C.C. TSR Honda che per&ograve; ai box ha passato molto pi&ugrave; tempo, 29&rsquo; 45&rdquo;, un paio di minuti in pi&ugrave; rispetto a Canepa e compagni. Al 2019 risaliva il penultimo successo di YART, alla 8 Ore di Sepang. Proprio le 8 Ore sembravano la specialit&agrave; di questa formazione che nel 2018 e 2019 conquist&ograve; la 8 Ore di Slovacchia e nel 2009 la 8 Ore di Doha, la 8 Ore di Albacete e la 8 Ore di Oschersleben. Non contenta, nel 2009 si aggiudic&ograve; pure la 24 Ore di Le Mans, a cui parteciparono 46 moto, inclusa una KTM RC8 e una Honda RC30 uscita di fabbrica 21 anni prima. Quella fu anche la prima edizione con la Superpole: ad aggiudicarsela fu Matthieu Lagrive con la Honda. Al rientro nell&rsquo;Endurance, YART, che impiegava le Michelin, prese il comando dopo 68 giri e non lo moll&ograve; pi&ugrave; fino al traguardo. Era la gara inaugurale di quel campionato che ai tempi prevedeva sei tappe e grazie a quella quaterna YART si aggiudic&ograve; il titolo con 145 punti: secondo, con poco pi&ugrave; della met&agrave; dei punti (73) fu il Team 18 Sapeurs Pompiers. Tutti e quattro i successi YART del 2009 furono firmati dallo sloveno Igor Jerman, dall&rsquo;australiano Steve Martin e dal francese Gwen Giabbiani (con la I). Il meno conosciuto dei tre &egrave; proprio il transalpino perch&eacute; ha sempre corso in patria e in campionati Superbike secondari, come quello polacco, dove &egrave; stato vice campione nel 2010 e 2011. Canepa, titolo possibile  Pi&ugrave; ricca l&rsquo;esperienza di Martin che ha corso quattro GP in 500, nel 1999, conquistando due punti con la Honda del Dee Cee Jeans Racing Team. Quella squadra era fondata e diretta dall&rsquo;olandese Jan Huberts, passato alla storia perch&eacute; nell&rsquo;agosto del 1981 stabil&igrave; il record del Mondo con un cinquantino: su un tratto dell&rsquo;autostrada A6 vicino a Lelystand, nei Paesi Bassi, spinto da un motore Casal da 50 cm&sup3;, raggiunse i 224,58 km/h, primato rimasto imbattuto fino al 2006, quando a Bonneville un motore Minarelli arriv&ograve; a 233,3 km/h. Martin ha corso una gara nel mondiale Supersport e 182 in Superbike, ottenendo tre pole e cinque podi, nel 2004 con la Ducati del Team DF Xtreme Sterilgarda con cui chiuse l&rsquo;anno in settima posizione. Anche Jerman ha militato nel mondiale SBK, in cui esord&igrave; nel 1996 con la Kawasaki di Taurus Bertocchi. Nel 1999 fu quattordicesimo in campionato, migliorandosi di una posizione rispetto al biennio precedente. Nel 1998 vinse la 24 Ore di Le Mans, prima di compiere 23 anni. Convertitosi a tempo pieno all&rsquo;Endurance, Jerman fu iridato nel 2002 con il team cinese Zongshen. Rest&ograve; con la squadra asiatica pure l&rsquo;anno dopo ma nel 2004 accett&ograve; la corte di YART, con cui ha continuato a correre fino al 2014. Quattro anni dopo, ecco l&rsquo;ingaggio di Canepa, gi&agrave; campione nel 2017 con GMT 94. Vinta la maledizione della 24 Ore, il titolo &egrave; possibile.       

YART &egrave; tornata ad aggiudicarsi una gara lunga un giorno dopo un&rsquo;attesa di quattordici anni: sar&agrave; il preludio al secondo titolo di Canepa?

EWC: Yamaha, ritorno alla vittoria | Quella (S)Volta Che

Come ti cambio la classifica nell&rsquo;arco di tre gare. Tra gara-2 di Imola,&nbsp;gara-1 di Most&nbsp;e la Superpole Race &egrave; successo che Alvaro Bautista ha buttato all&rsquo;aria praticamente met&agrave; dei suoi 95 punti di vantaggio su Razgatlioglu, trovandosi con il rivale Yamaha&nbsp;a 49 punti (402 vs 353), quando mancano Gara 2 di Most&nbsp;e quattro round alla fine della stagione.  L&#39;operazione rimonta per Toprak Razgatlioglu non &egrave; cos&igrave; impossibile. Il campionato, numeri alla mano, &egrave; ancora aperto nonostante Bautista e la Ducati conservino ancora un margine di vantaggio in termini di prestazioni rispetto a Yamaha, anche se i 250 giri dati alla R1 prima della tappa ceca sono un incentivo importante per le ambizioni iridate del turco, che non disdegnerebbe il passaggio in BMW portandosi in dote l&rsquo;1 sul cupolino&hellip;  Le rimonte eccellenti   Se Toprak Razgatlioglu vuole ribaltare la situazione a suo favore e prendersi il secondo titolo iridato, ha solo che rileggere la storia della Superbike e guardare cosa hanno fatto prima di lui Edwards, Spies ed il suo ex compagno di marca in Kawasaki Jonathan Rea, tutti e tre capaci di ribaltare la situazione quando sono stati dati per spacciati.  Ecco i tre casi principe dai quali pu&ograve; prendere spunto Razgatlioglu per assottigliare il distacco da Bautista  Edwards su Bayliss, 2002: 58 punti di svantaggio di Colin&nbsp;prima di gara-2 Laguna Seca. Gira che ti rigira, si torna sempre in quel magico 2002 quando si parla di rimonte eccellenti. La situazione &egrave; pi&ugrave; o meno quella attuale, Bayliss davanti ed Edwards ad inseguire. Galeotta fu in quell&rsquo;anno la 8h di Suzuka (vinta da Kato ed Edwards, che ha bissato il successo dell&rsquo;anno prima con Rossi), dalla quale la VTR del texano ne &egrave; uscita rinvigorita ed aggiornata. Da gara-2 di Laguna Seca, Colin ha vinto in fila 9 gare chiudendo il campionato davanti a Bayliss di 11 lunghezze dopo Imola.&nbsp;  Spies su Haga, 2009: 88 punti di svantaggio del rookie sull&rsquo;esperto giapponese. Altro americano ed altra rimonta storica. Anche qui, come nel 2002, la situazione &egrave; pressoch&egrave; identica ad oggi, con Spies che si ritrova dopo 12 manche con 88 punti di distacco da Haga, complici alcuni errori del rookie texano. L&rsquo;uragano Ben si scatena soprattutto nella seconda fase della stagione, andando a vincere 9 manche contro le sole due di Haga (gara-1 di Imola e gara-2 a Magny Cours) prima del gran finale di Portimao grazie al suicidio sportivo proprio del giapponese.  Record e rimonte SBK  Rea su Bautista, 2019: come ti perdo un titolo gi&agrave; vinto. Qui &egrave; Jonathan Rea a ribaltare la situazione, complice un rapporto non idilliaco di Bautista con Ducati nella seconda parte della stagione dopo una prima parte fatta di 14 vittorie, 11 consecutive. Il cambio di passo per Rea &egrave; avvenuto a partire da Donington Park, primo zero per Alvaro e doppietta per Johnny e da l&igrave; &egrave; stato tutto in discesa per il #1 della Kawasaki complici le varie cadute dello spagnolo.&nbsp;  Riuscir&agrave; Razgatlioglu a completare la rimonta o Bautista avr&agrave; ancora dalla sua i favori del pronostico in vista delle prossime gare? 

Dopo la caotica gara-1 di Most e la SP Race, il vantaggio di Bautista sul turco si &egrave; ridotto drasticamente

Razgatlioglu, la rimonta &egrave; possibile: lo dimostrano Edwards, Spies e Rea

        Doppio compleanno importante nel Mondiale Endurance. Spengono oggi le candeline David Checa, fratello di Carlos e pluri campione, e Marvin Fritz, pilota Yamaha YART con un veloce passato anche in Superbike e delle wild card in 125 all&rsquo;inizio della carriera.&nbsp; I due piloti hanno appena festeggiato un risultato di rilievo alla 24h di Le Mans (Checa quinto con Ducati, Fritz secondo con Yamaha YART) e sono pronti a gettarsi a capofitto verso il prossimo appuntamento del Mondiale, la 24h di Spa del 17-18 giugno.&nbsp; David Checa  Fratello di Carlos, nasce a Barcellona il 20 aprile 1980. Se Carlos ha brillato nel Motomondiale per poi passare in Superbike vincendo il titolo nel 2011 con Ducati, la carriera di David &egrave; stata leggermente diversa.&nbsp; Motomondiale Delle sue tre stagioni in 250, dal 2000 al 2002, la migliore &egrave; stata quella del 2002 con l&rsquo;Aprilia del team Safilo-LCR con la quale ottiene come miglior piazzamento in gara una P6 a Valencia chiudendo il campionato in P13 con 60 punti. Nel 2005 ha sostituito il connazionale Toni Elias sulla M1 del team Fortuna per tre gare racimolando 4 punti.&nbsp; Supersport e Superbike Corre in Supersport per tre stagioni (1999 con Ducati, 2006 e 2007 con Yamaha) senza ottenere risultati di rilievo se non un quarto posto a Misano nel 2006. Chiude 11&deg; nel 2006 con 44 punti e 12&deg; nel 2007 con 50.&nbsp; Nel 2005 disputa tre round in Superbike con la R1 del team GMT94 ottenendo in totale 25 punti, nel 2008 sempre con il team GMT94 non va oltre i 12 punti conquistati nell&rsquo;arco della stagione e l&rsquo;anno successivo ne raccoglie solo 4. Endurance I risultati non certo esaltanti in Superbike e Supersport lo fanno spostare verso il Mondiale Endurance dove diventa uno dei piloti pi&ugrave; esperti e pi&ugrave; vincenti con ben 4 titoli mondiali (2004, 2014, 2016-2017 sempre con GMT94 e 2018-2019 con Kawasaki SRC insieme a Guarnoni ed Erwan Nigon) e due Bol d&rsquo;Or (2007 e 2017 sempre con GMT94) Marvin Fritz  Marvin nasce a Mosbach il 20 aprile 1993. La sua carriera &egrave; tutta incentrata sul campionato tedesco velocit&agrave;, alternando alcune wild card nel Motomondiale a comparsate nella Stock 600 e nel Mondiale Superbike. In ambito nazionale, &egrave; campione Supersport 600 nel 2014 e Superbike nel 2016. Motomondiale&nbsp; Nelle 4 stagioni in 125 (2008-2011), racimola solo 2 punti correndo solo la gara di casa o quella di Assen come wild card. Gli unici due punti in 125 li prende proprio ad Assen nel 2009. In parallelo alle wild card del 2010 e 2011, disputa due gare del Campionato Europeo negli stessi anni, purtroppo senza fortuna.&nbsp; Superstock e Superbike&nbsp; Nel 2012 disputa mezza stagione della Stock 600 con la Kawasaki classificandosi in P23 con 12 punti mentre nel 2017 corre in Stock 1000 con la Yamaha R1 chiudendo in P15 con 23 punti. In Superbike, invece, disputa da wild card i round di Most e Jerez del 2021 raccogliendo sei punti ed i due portoghesi della scorsa stagione senza ottenere punti. Endurance&nbsp; Dal 2017 il tedesco &egrave; uno dei piloti pi&ugrave; importanti del Mondiale Endurance, avendo vinto due volte la 8h dello Slovakiaring (2018-2019) ed il titolo di vice campione del mondo nel 2020 con Yamaha YART insieme a Canepa ed Hanika. Calendario EWC 2023       

Lo spagnolo, fratello di Carlos, spegne 43 candeline mentre per il tedesco di Yamaha YART (compagno di team di Canepa ed Hanika) sono 30.

Tanti auguri a David Checa e Marvin Fritz

        Cosa hanno in comune Fabio Quartarato e Toprak Razgatlioglu? Tante qualit&agrave;, ma noi dobbiamo soffermarci all'ambito delle corse a due ruote. Ecco la prima: il francese e il turco sono campioni uscenti dai rispettivi campionati, ovvero, MotoGP e SBK. Questa &egrave; la seconda: entrambi difendono i colori Yamaha. Ne volete una terza? Lo sapete: entrambi si sono lamentati - e continuano a farlo - delle ritenute scarse prestazioni offerte da M1 e R1. El Diablo &egrave; arrabbiato: che diavolo ha questa M1 di sbagliato?   Sottotitolo esageramente "scandaloso e giornalistico?" No, e se aveste seguito tutta la MotoGP sul campo, avreste spinto ancor di pi&ugrave; con la tastiera. Fabio si &egrave; praticamente sempre palesato insoddisfatto della sua M1, prototipo massimo sfornato dalla Casa di Iwata.&nbsp; Lo ha fatto durante l'arco della stagione regolare, si &egrave; ripetuto a test di Valencia 2023 terminati. In sella c'&egrave; lui, sicch&eacute; bisogna credergli. A meno che il francese non stia assumendo un atteggiamento tattico: evitare di mostrarsi contenti e appagati, inducendo il reparto corse a dare sempre di pi&ugrave;. Chiss&agrave;. Scarsa potenza in ogni marcia inserita, velocit&agrave; di punta da ultimi classificati, impossibilit&agrave; di compiere sorpassi, oppure, a costo di rischiare parecchio incidenti o cadute. Se abbiamo dimenticato qualcosa, scrivetelo nei commenti. Altrimenti, la lista delle "complaints" &egrave; finita qui. Ma sar&agrave; davvero finita? Razga infuriato: la Ducati &egrave; avvantaggiata   Il turco si arrabbia poco ma, quando si arrabbia, si arrabbia davvero. E' rimasto stupito nell'apprendere che Ducati, malgrado vittoria del titolo SBK, sia pronta a mettere in pista un nuovo modello. Questo perch&eacute;, dal canto suo, il pupillo di Kenan Sofuoglu ha gatte da pelare simili alle noie di Quarta. Velocit&agrave; basse, potenza cos&igrave; cos&igrave;, rischi da valutare quando si supera un rivale. E dire che lui sia il mago della staccata, altrimenti... Comunque, Razga &egrave; abituato a correre sopra i problemi, purch&eacute; questi problemi non corrano sopra egli stesso. Qualche volta &egrave; successo. La preoccupazione - lecita - &egrave; sintetizzabile nel futuro: succeder&agrave; nuovamente? Toprak spera di no, per&ograve; &egrave; chiaro che durante l'inverno vadano cercate soluzioni. Perch&eacute; finche si tratta di duellare contro la Kawasaki (guidata da Johnny Rea, e da chi altri senn&ograve;?) &egrave; un conto, vedersela con la V4 R di Bau Bau &egrave; un altro. Scusate se non abbiamo citato Honda e BMW? Chi le ha viste? Quarta &amp; Razga, eppure avete "rischiato" di vincere ancora   Certo, lo spiegano le classifiche di MotoGP e SBK. Il numero 20 ha tenuto la posta in gioco aperta sino a Valencia, assicurandosi tre vittorie di tappa e cinque podi. Il secondo posto in campionato &egrave; valevole di medaglia argentata, mica male per un pilota che guida "un cesso di M1". I virgolettati li abbiamo messi noi, non Fabio. El Turco ha ceduto le armi a Bautista e Ducati, per&ograve; &egrave; stato capace di 14 manche, tra cui due triplette, e un sacco di gradini del podio calcati. A noi poco non sembra, anzi. Perci&ograve;, diremmo che, in fin dei conti, questa sia tutto fuorch&eacute; una "R1 simil-paracarro". Le virgolette le abbiamo messe noi, non Toprak. Ora, veniamo al punto: i talenti dei piloti fanno la differenza, d'accordo. Ma la moto anche, siete d'accordo? Come &egrave; possibile giungere sulla piazza d'onore quando si cavalca un mulo e non un purosangue? Impossibile, quindi andiamo avanti con il prossimo H2. M1 e R1: propulsore quattro in linea da pensionare? Da Rossi e Spies a oggi   Precisiamo: in MotoGP anche Suzuki proponeva un quattro cilindri in linea, al pari di Yamaha dotato di ordine degli scoppi "irregolari". Sapete che la Casa di Hamamatsu sia uscita dalla serie, perci&ograve; rimarr&agrave; solo Iwata a portare nel paddock tal soluzione. Contrariamente a Ducati, Aprilia, Honda e KTM, tutte con V4.&nbsp; In SBK ci sono Kawasaki e Honda coi quattro in linea, ma sono i cosiddetti "screamer" o, se volete, "tradizionali". Ducati ha il V4, la R1 &egrave; simile alla M1: quattro s&igrave;, per&ograve; dalla fasatura "Big Bang", a scoppi irregolari. Questa soluzione venne deliberata in MotoGP da Valentino Rossi durante i test di Sepang 2004, a precedere trionfi ripetuti. In SBK fu Ben Spies nel 2009 a vincere, portando un modello di serie assolutamente inedito. Oggi i tempi sono cambiati. Restano le virt&ugrave; del quattro in linea, fluido nell'erogazione, portatore di una buona coppia motrice, assolutamente "facile" da utilizzare. I V4, ritenuti scorbutici in alcune fasi della piega, tuttavia possono contare su progetti telaistici, elettonici e aerodinamici nel frattempo evoluti, sicch&eacute; a servizio del motore stesso che, di suo, ha maggior potenza e allungo disponibili. In Yamaha penseranno a un nuovo schema concettuale?       

Entrambi campioni uscenti, Fabio e Toprak hanno lamentato scarsa potenza e velocit&agrave; a bordo delle rispettive M1 e R1: il propulsore quattro in linea &egrave; arrivato al capolinea? Eppure, il francese e il turco hanno lottato per il bis iridato

MotoGP e SBK, Quarta e Razga stesse noie: coincidenze o Yamaha nel caos?

        Alcune razze animali si sono nel tempo estinte, ma la pelle del leone Cal Crutchlow &egrave; dura, resistente e puramente britannica. Inglese, per la precisione, ultima vera bandiera nazionale a sventolare in MotoGP. Oggi &egrave; un giorno importante per il numero 35, perch&eacute; compie 37 anni. Auguri mate! Scorza dura, fantasia sfrenata, memoria d'acciaio  Partiamo dalla memoria: Cal ne ha da vendere. Sebbene fossero passati anni, stagioni, primavere e campionati, l'inglese ha messo di mira il sottoscritto, ricordando di fronte a microfoni e telecamere: "Ehi, amico. Io e te abbiamo trascorso bei momenti in SBK, vero o no?!" Verissimo, a partire dalla Supersport, categoria iridata che Crutchlow fece sua nel 2009. Poi, da R6 quattro cilindri in linea a R1 a scoppi irregolari. Sempre per Yamaha: "F.....o, quanto diavolo ci siamo divertiti! Che ci fai di bello in MotoGP? Hai visto, c'&egrave; un tizio che somiglia parecchio a Ozzy Osbourne!" Era vero, nella sala stampa di Arag&ograve;n si aggirava un collega veramente somigliante al cantante icona del Regno Unito. Anzi, potremmo dire fosse proprio un sosia. Crutchlow stava per tornare alla massima categoria a due ruote, dopo aver detto "basta". Bah, e chi ci ha mai creduto che volesse solo occuparsi di collaudi? Ovviamente, l'addio di Andrea Dovizioso dal team RNF ha aperto la porta, dalla quale avrebbero potuto passarci in diversi. Diversi ma non tanti, anche perch&eacute; Cal &egrave; unico, oltretutto ancora ben allenato, a far dimenticare la data di nascita: 29 ottobre 1985. Ultimi trofei per l'Inghilterra in MotoGP  Arriviamo al sodo: Cal &egrave; l'ultimo britannico - inglese, per la precisione, come abbiamo gi&agrave; scritto - ad aver portato sull'Isola di Albione coppe, trofei e riconoscimenti relativi alla MotoGP. Parliamo di podi e vittorie, per un totale di 3 successi e 19 gradini complessivi. Fantastico score per una bandiera sfilacciata da vento, tempo e vicissitudini. Nell'ambito prototipale c'&egrave; bisogno di corridori provenienti da Oltremanica, dotati di velocit&agrave;, talento e personalit&agrave;. Come se fosse semplice mettere insieme tutto questo. Crutchlow ne ha, eccome se ne ha. Considerate la poco irresistibile M1 oggi da lui condotta, tenete presente le fatiche di tre diapason in generale, sappiate che il suo ruolo sia di accumulare dati e chilometri. Ebbene, in soli 5 Gran Premi disputati in tali condizioni, il leone ha mangiato pi&ugrave; punti di tanti titolari e pi&ugrave; giovani rivali. Happy Birthday amico, brindiamo alla faccia di chi ci vuole bene e non.        

Cal aveva smesso, con l'idea di fare il collaudatore. E' tornato in gara, andando pure forte: l'oggi trentasettenne di Coventry &egrave; un esempio di velocit&agrave;, professionalit&agrave; e spiccata personalit&agrave;, doti rare da trovare sull'Isola di Albione

Buon Compleanno Crutchlow, ultimo leone inglese a ruggire in MotoGP

Tutto ancora da scrivere il destino di Toprak Razgatlioglu. Il campione in carica SBK &egrave; contento del posto in cui si trova ma, contestualmente, pensa ai piani da affrontare. Tra questi, la MotoGP &egrave; al primo posto. Se &egrave; vero che il mentore Kenan Sofuoglu abbia precisato che il proprio assistito meriti solo una sistemazione ufficiale, perch&egrave; non dargliela? Anche perch&eacute;, a cosa sarebbe servito il test tenuto al Motorland?&nbsp;  Donington-Italia: rumors pesanti su Razga     Siccome le quotazioni di Franco Morbidelli (e dispiace) sono in crollo verticale, il Monster Energy Yamaha sta pensando a valido sostituto. Strano che se ne parli a Donington, per&ograve;. No, b&egrave;, mica tanto strano: Toprak corre per il Pata Yamaha With Brixx, formazione legata a Iwata nelle derivate di serie.  Perci&ograve;, sul numero 1 si sente dire: &quot;Se l&#39;anno prossimo passa in MotoGP, chi va al suo posto? La squadra deve scegliere presto, il tempo stringe&quot;. Pi&ugrave; che altro, dovrebbero decidere in diverse teste. Tra cui: Sofuoglu, se ben corteggiato. Razga, se convinto al punto giusto. Lin Jarvis, se veramente il Morbido parte. Gli sponsor, perch&eacute; Monster Energy e Red Bull cozzano un po&#39;.  Per&ograve;, non troppo: l&#39;accordo si troverebbe, basta parlare di soldi e tutto si risolve. La questione sar&agrave; risolta? La sensazione &egrave; che, dovendo dare percentuali richieste con forza da un bravo collega, al 65% il turco passer&agrave; da SBK a top class prototipale. Al suo posto, arriver&agrave; un americano.  Gerloff: dopo Spies, Yamaha ha un americano vestito di abiti ufficiali     Pare che Garrett sia in predicato di un salto cercato da tempo. Dal validissimo e forte indipendente GRT, Gerloff andrebbe a sostituire Toprak, diventando cos&igrave; corridore ufficiale per Yamaha. L&#39;ultimo americano in tal ruolo fu Ben Spies - texano al pari del numero 31 - factory in SBK nel 2009, in MotoGP nel 2011 e 2012.&nbsp;  Se cos&igrave; andr&agrave;, sar&agrave; interessante vedere chi subentrer&agrave; al cowboy nato nei pressi di Houston. Un nome &egrave; nell&#39;aria, interessante e promettente. Italiano, peraltro, cosa che non guasta affatto. Oggi in Motocorsa, cavallo di razza vero, Axel Bassani compierebbe uno step di carriera fondamentale.  El Bocia promosso: per lui una R1 con cui provare a vincere     Dall&#39;eccellente squadra motorizzata Ducati di Lorenzo Mauri, alla Yamaha della struttura di Filippo Conti. Siccome, tra l&#39;altro, i posti di Borgo Panigale sono tutti occupati, Bassani ambisce a qualcosa di diverso. Dal Rosso al blu, da Panigale V4 R a R1.  Mentre Gerloff affiancher&agrave; Andrea Locatelli. Axel &quot;far&agrave; compagnia&quot; a Kohta Nozane. Sempre se il giapponese verr&agrave; confermato. Un tassello muove l&#39;altro, come vedete: Razga in MotoGP a far coppia con El Diablo, Gerloff ufficiale per i tre diapason nelle derivate, il veneto da quattro cilindri bolognese a nippo. E Morbidelli? Franco merita un articolo dedicato. 

Le voci che danno Toprak in Yamaha ufficiale al fianco di Quartararo sono insistenti. Morbidelli salterebbe, al posto del turco arriverebbe Gerloff, Bassani da Motocorsa Ducati alla R1 del team GRT

Razgatlioglu, sei sicuro di non correre in MotoGP nel 2023?

        Veni, vidi, vici. &Egrave; l&rsquo;esperienza vissuta da Ben Spies in Superbike, trionfatore nella sola stagione, il 2009, condivisa con la Yamaha nel campionato dedicato alle derivate di serie. Un percorso vissuto prima di passare in MotoGP, sempre difendendo i colori della Casa di Iwata, nel team satellite Tech 3 e poi in forza alla formazione ufficiale. Dove nel 2011 prese il posto nientemeno che di Valentino Rossi. L&rsquo;americano ebbe meno fortuna rispetto a due anni prima, quando aveva sostituito un&rsquo;altra bandiera Yamaha come Noriyuki Haga. E proprio battendo il pilota che gli aveva &ldquo;ceduto&rdquo; la R1, Spies ha regalato a Iwata l&rsquo;unico alloro in SBK. Esclusiva, Agostini: "La Yamaha &egrave; stata come una famiglia per me" Dagli USA al WSBK   Dopo titoli conquistati a ripetizione con la Suzuki nella serie statunitense AMA, il texano (nato per&ograve; a Memphis), per nulla persuaso dalla scarsa voglia dei vertici di Hamamatsu di portarlo in Europa, cambi&ograve; Marchio. Il progetto allestito dalla filiale italiana dei tre diapason era importante, oneroso, appoggiato sulla nuova R1, quattro cilindri dal propulsore a scoppi irregolari che, oltre a incuriosire gli addetti ai lavori, prometteva di fare bene nei 14 round del calendario iridato. Presentatosi in una sessione di test a Portimao con il numero 19. seduto nel silenzio del garage blu, nascosto dietro grandi lenti a specchio dei suoi occhiali da Sole preferiti, il riservatissimo e timido ventiquattrenne ricevette le attenzioni dei media, attirando anche le ammirazioni di numerose fans femminili. Al punto che la mamma-manager Mary dovette intervenire durante l&rsquo;attivit&agrave; nel paddock: &ldquo;Non &egrave; possibile, vai via! Lascia stare mio figlio, non vedi che ha altro a cui pensare?&rdquo;. La tifosa fu respinta, ma non si arrese, anzi: ancora pi&ugrave; convinta, sfoder&ograve; un tatuaggio da poco realizzato sul polso destro, con cui l&rsquo;avvenente appassionata apriva il gas della Yamaha R6 appena acquistata e dipinta con i colori della bandiera texana: "Dannazione, si &egrave; fatta imprimere sulla pelle il numero 19, con il simbolo Yamaha. Questa tizia &egrave; veramente determinata" tuon&ograve; nuovamente la madre, ben attenta che Ben facesse soltanto il proprio mestiere. Cio&egrave; partecipare alle corse e, possibilmente, vincerle. Una stella nascente  Barricato nella bellissima casa in affitto nei pressi del lago di Como, Spies usciva esclusivamente per allenarsi e per i viaggi alla volta delle gare. Quell&rsquo;anno, per lui da rookie, inizi&ograve; a Phillip Island, da dove usc&igrave; con un occhio triste e l&rsquo;altro allegro. Siglata la Superpole e regolate le Aprilia, Honda e Ducati rispettivamente di Max Biaggi, del giovane Jonathan Rea e di Jakub Smrz, il debuttante, per nulla intimorito dalla inesistente conoscenza del tracciato australiano, fu buttato fuori dai giochi nella manche d&rsquo;apertura. Scuro in volto e altrettanto freddamente, serv&igrave; ai rivali la riscossa pomeridiana, con il primo trionfo davanti a Haga e Leon Haslam. Era nata una stella e per molti si rivel&ograve; un incubo: gara dopo gara, Ben stesso coni&ograve; il soprannome &ldquo;Texas Terror&rdquo;, a dimostrare come la concorrenza avesse a che fare con uno pronto a tutto tranne agli scherzi: &ldquo;Altrimenti, sarei rimasto negli USA. L&agrave; guadagnavo un mucchio di denaro, non avevo stress ed ero protagonista. Ho lasciato casa per confrontarmi con i migliori piloti del Mondo. Sono concentrato sul mio obiettivo: affermarmi in Superbike. Questo passo &egrave; il corridoio verso palcoscenici ancora pi&ugrave; importanti&rdquo;. La promessa ricevuta era la seguente: ottenuta la posta massima, gli sarebbe stato offerto quanto la Suzuki non gli aveva mai dato, a eccezione di qualche sporadica wild card: un posto in MotoGP.  Il percorso verso l'iride  Vincere e cambiare. Conquistare e salutare. Sorridere soltanto quando &egrave; necessario. Piangere mai, lamentarsi non serve. Crederci, in ogni caso. Agire e reagire. Sgomitare nel gruppo. Appunto, nel seguente mantra recitato mentalmente, l&rsquo;asso americano riproponeva tra i cordoli il tanto apprezzato ed efficace stile di guida a gomito sempre strisciante sull&rsquo;asfalto, manovre proficue ripetute anche a Losail, Qatar, altra pista mai frequentata, trasformatasi in luogo di doppietta: &ldquo;Ho la capacit&agrave; di memorizzare le traiettorie in tempi celeri. Forse perch&eacute; i circuiti dell&rsquo;AMA sono davvero complicati, e imparare tutto al meglio &egrave; di vitale importanza&rdquo; spieg&ograve; il leader della classifica. Nel terzo appuntamento, a Valencia, un ritiro e un secondo posto. Ad Assen, gradino pi&ugrave; alto al mattino e &ldquo;zero&rdquo; rimediato qualche ora dopo. Fino ad arrivare a Monza, appuntamento &ldquo;casalingo&rdquo; per la formazione Factory Yamaha, con base a Gerno di Lesmo. Assicurandosi la pole, il tiratore scelto del team aveva messo il suo nome quale favorito assoluto, per&ograve; accadde qualcosa di poco gradito: a seguito di un incidente, con bandiera rossa e successiva ripresa di Gara 1, la moto di Spies, in testa per tutta la corsa, si ammutol&igrave; a pochi metri dal traguardo. La benzina fin&igrave; anzitempo, consegnando a Michel Fabrizio sulla Ducati la prima affermazione in SBK. Inutile descrivere l&rsquo;umore di Ben, nero come le gomme Pirelli soffici montate nella seconda manche. Enorme il divario tra lo statunitense e il compagno di garage Tom Sykes, futuro campione del Mondo con la Kawasaki, tuttavia in difficolt&agrave; sulla particolare quattro cilindri di Iwata: &ldquo;Sebbene non sia la pi&ugrave; veloce e potente &ndash; Spies precis&ograve; &ndash; sono riuscito a vincere pure a Monza. Adesso penso al Sud Africa&rdquo;. A Kyalami, i leoni scorrazzano liberi vicino al paddock e, se avesse potuto, il texano avrebbe urlato come una iena. Un guasto alla Yamaha lo lasci&ograve; a bocca asciutta, proprio in piena caccia. Mamma Spies era preoccupata, e teneva calmo il figlio a seguito di risultati scadenti, quarto e quinto, allontanando la minaccia di una potenziale fidanzata: &ldquo;Non &egrave; il momento. Ne parliamo a stagione conclusa&rdquo; chios&ograve; Mary. Nel penultimo atto di Magny-Cours la speranza sembr&ograve; sopirsi con il quarto posto di Gara 2. Ma nell&rsquo;epilogo di Portimao, accadde per Spies la magia. Fatale lo zero rimediato da Noriyuki in una delle due sfide conclusive, decisivo il quinto posto di Ben in Gara 2 in Portogallo, ad accompagnare il primo colto in Gara 1 dell&rsquo;ultimo weekend 2009. La R1 numero 19 resta a oggi l&rsquo;unica Yamaha incoronata in SBK, grazie al pilota pi&ugrave; fugace che la serie abbia mai raccontato: &ldquo;Ehi, Mary, perch&eacute; non dici a Ben di tatuarsi il ricordo di questa impresa?&rdquo; sugger&igrave; un giornalista. &ldquo;Va bene tutto, tranne il nome di una donna. Per quello, c&rsquo;&egrave; ancora tempo&rdquo;. Mauro Noccioli: "Io, l'Aprilia 250: ho visto cose che voi umani..."       

Una sola stagione bast&ograve; all'americano per conquistare il titolo Superbike, merito della rimonta ai danni del pilota che gli aveva "ceduto" la R1, Nori Haga

Yamaha Mondiale: Ben Spies, toccata, vittoria e fuga

La tradizione e la storia di Yamaha nel mondo delle corse parlano da se, una casa che &egrave; riuscita a vincere tanto ed in tutte le competizioni motoristiche. Una su tutte il motomondiale, dove ha collezionato 37 titoli mondiali costruttori tra tutte le classi, 39 titoli mondiali piloti (sorpassata la MV Agusta grazie alla vittoria di Quartararo nella passata stagione), per un totale di 514 GP vinti, seconda solo alla Honda e davanti all&#39;Aprilia. Nelle derivate di serie la storia &egrave; leggermente diversa e meno vincente, con due titoli mondiali vinti: il primo nel 2009 ed il secondo nel 2021 con Toprak Razgatlioglu, che per&ograve;, pu&ograve; aprire un ciclo vincente in sella alla sua R1.   Non c&#39;&egrave; solo l&#39;asfalto per&ograve; nella storia trionfante della casa di Iwata, protagonista anche nel fuoristrada, avendo vinto nell&#39;Enduro, nella Dakar e nel Motocross, dove con Stefan Everts e Antonio Cairoli ha segnato un&#39;epoca.&nbsp;Sono tanti i modelli che nel tempo sono diventati iconici a tal punto da entrare nel mito, come ad esempio la M1 di Valentino Rossi, o ancora, la Yamaha YZR500 OW20 di Giacomo Agostini o il Super T&eacute;n&eacute;r&eacute; con la quale Edi Orioli vinse la Dakar del 1996.  &nbsp;  Gli albori Yamaha, il primo titolo nel motomondiale: la RD56     L&#39;esordio della moto di Iwata avvenne nel 1961 in 125 e 250, mentre si dovette aspettare il 1964 per cogliere il primo iride, conquistato grazie a Phil Read che port&ograve; la RD56 in vetta nella classe 250 davanti a Jim Redman sulla Honda. La RD56 250cc a due tempi era dotata di due cilindri 56x50mm, valvole a disco e una potenza di 47 CV a 11.000 giri / min,&nbsp; mentre il telaio invece era basato su quello della Norton Featherbed. Phil Read domin&ograve; la stagione del 1964 vincendo 5 gare su 11, mostrando uno strapotere tecnico confermato anche l&#39;anno dopo.  &nbsp;  Il primo trionfo in 500, la YZR 500 OW20 e le imprese di Giacomo Agostini     La prima Yamaha a vincere nella top class fu quella di Giacomo Agostini nel 1975, stagione che consegn&ograve; al fenomeno italiano il quindicesimo titolo iridato e alla casa di Iwata l&#39;approdo tra i grandi della 500. Capendo l&#39;importanza e la maggiore efficacia che i motori a 2 tempi stavano iniziando ad avere, Agostini accett&ograve; la sfida portata avanti dalla casa giapponese che gi&agrave; da qualche anno stava provando a sottrarlo alla MV Agusta. L&#39;impatto di &quot;Ago&quot; fu vincente sin dalla prima competizione del binomio, e per l&#39;occasione, il palcoscenico fu la prestigiosa gara di Daytona, la 200 miglia. La stampa americana non perse modo per sminuire il pilota italiano definendolo troppo &quot;soft&quot; per le gare americane a favore del giovane idolo di casa e promettente, Kenny Roberts, che dal canto suo non miglior&ograve; le cose dichiarando pi&ugrave; volte la sua convinzione nel poter battere l&#39;allora 13 volte iridato.&nbsp;  Agostini per&ograve;, con il suo metodo di lavoro meticoloso e attento ad ogni dettaglio, studi&ograve; ogni cosa per poter essere performante in gara e vinse tenendo un ritmo inarrivabile per gli sia dal punto di vista tecnico che fisico. A fine gara Roberts, compagno di marca e futuro campione del mondo della 500 con Yamaha, dichiar&ograve;: &quot;Non posso credere che Agostini sia un essere umano&quot;. In sella alla sua YZR 500 OW20, Agostini vinse l&#39;anno dopo in 500 il suo ultimo mondiale davanti al rivale Phil Read, su MV Agusta.  &nbsp;  Arriva il marziano, una moto divenuta cult     Le Yamaha OW35 e OW48 furono le moto con le quali Kenny Roberts conquist&ograve; tre titoli mondiali dal 1978 al 1980. Un binomio divenuto leggenda sia per l&#39;impatto da subito vincente del fenomeno americano, che in sella alla moto di Iwata affin&ograve; lo stile di guida visto per la prima volta con Jarno Sarineen e che segn&ograve; l&#39;approccio alla moto negli anni avvenire, ovvero l&#39;esposizione del busto in curva e il ginocchio al limite dell&#39;asfalto, ma anche per la colorazione giallo e nera, entrata nella storia del motomondiale, per estetica e stile. A livello tecnico furono messe le basi che contraddistinguono ancora oggi la moto giapponese, passando da un telaio in tubi tondi di acciaio ad uno in tubi quadri di lega leggera, per cercare di avere maggiore guidabilit&agrave; ed esaltare le doti del &quot;marziano&quot;.  &nbsp;  Con Wayne Rainey l&#39;ultimo trionfo in 500&nbsp;     L&#39;ultima YZR 500 vincente per la casa giapponese &egrave; stata quella di Wayne Rainey, campione della classe regina per tre anni di fila dal 1990 al 1992. La moto, la 0WC1, diretta discendente di quella di Kenny Roberts, fu migliorata nel motore e port&ograve; novit&agrave; tecniche rilevanti come i dischi in carbonio, ma anche un primo accenno di telemetria;&nbsp;tutti fattori che contribuirono a renderla il riferimento della classe. I tecnici Yamaha cercarono di ottenere un bilanciamento migliore tra telaio e motore, con quest&#39;ultimo che fu portato a 170cv, conservando una ciclistica che permetteva al pilota americano di esprimersi al meglio attraverso la sua guida scorrevole e pulita.  &nbsp;  Yamaha M1 2004, Rossi e la moto entrata nella leggenda     Nel 2003 la Yamaha comp&igrave; una rivoluzione tecnica ed ideologica cercando di riportarsi ai vertici del motomondiale dopo svariati anni di scarsi risultati, in cui, la diretta e storica rivale, la Honda, stava dominando in lungo ed in largo. Dal 1992 (anno in cui Wayne Rainey regal&ograve; l&#39;ultimo titolo iridato della &quot;500&quot; alla casa di Iwata) al 2003, la moto giapponese non ottenne risultati di rilievo, per la quale dovette aspettare il 2004 con l&#39;arrivo di Valentino Rossi e un&#39;evoluzione del metodo di lavoro che negli ultimi anni stava diventando un punto debole. La M1 prese il posto della Yamaha YZR 500 e inizi&ograve; ad essere sviluppata nel 2001 da Max Biaggi e John Kocinski, ma fu solo con l&#39;arrivo del &quot;46&quot; che la moto riusc&igrave; a vincere formando un binomio diventato leggenda per l&#39;epicit&agrave; delle vittorie ottenute. Sin dalla prima stagione, la M1 ha presentato un Dna che tutt&#39;ora la contraddistingue, puntando sul telaio e sulla manegevolezza, una ciclistica che compensa un motore (4 cilindri in linea) che non &egrave; mai stato particolarmente potente. La M1 del 2004 invert&igrave; il trend delle stagioni precedenti della Yamaha, formando la base per gli anni avvenire, che ha poi prodotto un totale di 8 titoli piloti: 4 con Valentino Rossi, 3 con Jorge Lorenzo e 1 con Fabio Quartararo; 5 titoli costruttori e 122 vittorie: 56 con Rossi, 44 con Lorenzo, 8 con Quartararo e Vinales, 3 con Morbidelli, 2 con Biaggi e 1 con Spies.&nbsp;  &nbsp;  Con Spies e Razgatliogliu i titoli in Superbike     Il 2021 &egrave; stato l&#39;anno della casa di Iwata, vittoriosa sia nel motomondiale con Fabio Quartararo sia nelle derivate di serie con Toprak Razgatlioglu, che ha regalato il secondo titolo mondiale Superbike alla Yamaha, che aveva vinto solo un&#39;altra volta, nel 2009 con Ben Spies con la YZR-R1. La moto, figlia soprattutto negli ultimi anni di una continua condivisione di dati e sviluppo con la &quot;sorella&quot; tra i prototipi, la YZR-R1, &egrave; riuscita ha interrompere il dominio di Jonathan Rea e la Kawasaki, padroni incontrastati degli ultimi 6 anni. La YZF-R1 2020 e 2021 si ispira come detto alla M1, ad esempio in alcune parti aereodinamiche come il cupolino, negli ultimi due anni maggiormente arrotondato, ma anche nella ciclistica, da sempre punto di forza di Yamaha, e nell&#39;elettronica, ormai sempre pi&ugrave; fattore imprescindibile tanto nelle derivate di serie quanto nei prototipi.  &nbsp;     La R6, regina incotrastata nella Supersport e vincente anche nel Tourist Trophy     La YZF-R6 &egrave; senz&#39;altro una delle moto pi&ugrave; iconiche e cult tra i modelli Yamaha, nonch&egrave; una delle pi&ugrave; vendute. Lanciata sul mercato per la prima volta nel 1999, sin da subito &egrave; riuscita a cogliere risultati importanti nelle corse, specialmente in Supersport 600 dove &egrave; tra le moto pi&ugrave; vincenti della categoria dall&#39;alto dei suoi 9 titoli mondiali piloti; il primo nel 2000 con Jorg Teuchert seguito poi da Cal Crutchlow nel 2009, Chaz Davies nel 2011, Sam Lowes nel 2013 e dal 2017 al 2021 con Mahias, Cortese, Krummenacher, Locatelli e Aegerter. Da evidenziare anche la vittoria nel 2017 della categoria Supersport nel prestigioso Tourist Trophy, con Michael Dunlop.  &nbsp;  Regina del cross con Everts e Cairoli     La fortuna di una casa &egrave; prodotta sia dal livello tecnico della moto ma anche dalla caratura dei piloti, e nel motocross la Yamaha &egrave; stata, in questo senso, privilegiata, avendo avuto in sella alla propria moto i due piloti forse pi&ugrave; forti e rappresentativi: Antonio Cairoli e Stefan Everts. In sella alla YZF 450 il pilota italiano ha vinto il primo titolo in MXGP nel 2009 prima di passare in KTM, mentre il campione belga ha trionfato 4 volte consecutivamente dal 2003 al 2006. La moto giapponese &egrave; stata protagonista del cross per tanti anni, ma l&#39;ultimo titolo risale al 2015 con Febvre, nel 2022 tenter&agrave; di riprendersi lo scettro con Seewer, Coldenhoff e Renaux.  &nbsp;  La Dakar e il Super T&eacute;n&eacute;r&eacute;     La XTZ (750 e 850) fu progettata con lo scopo di vincere la Dakar , obiettivo raggiunto per ben 6 volte in 7 anni, dal 1991 al 1998, nel 1996 con Edi Orioli in sella, primo italiano di sempre a vincere la competizione. La moto &egrave; meglio conosciuta come &quot;Super T&eacute;n&eacute;r&eacute;&quot;, prendendo il nome dalla tappa del deserto T&eacute;n&eacute;r&eacute; dell&#39;ex Parigi-Dakar del nord-est del Niger e fu inoltre, la risposta della casa di Iwata all&#39;Africa Twin della Honda. Le ripetute vittorie nella Dakar generarono un forte impulso anche sul mercato, dove il T&eacute;n&eacute;r&eacute; ebbe un grande successo, divenendo una moto da gran turismo per lunghi viaggi, non perdendo l&#39;attitudine al fuoristrada.  &nbsp;  L&#39;enduro e la Yamaha WR     Nel mondo dell&#39;Enduro, la Yamaha si &egrave; messa in evidenza con la WR, in particolare con la 450F, che ciclisticamente ha condiviso molti componenti tecnici e di design con la YZ400F del cross. Una moto che ha fatto epoca sia nelle corse, con la vittoria nel 2004 del titolo mondiale di Stefan Merriman, sia nel mercato, tra le scelte preferite tra i giovani rider che si approcciano al mondo del fuoristrada.  MotoGP, Rossi ammette: &quot;Avevo gi&agrave; pensato al ritiro nel 2019&quot; 

La casa dei tre diapason vanta una storia autorevole nelle competizioni, avendo corso e vinto in tutti i campionati in cui ha partecipato, dal fuoristrada fino alle gare su asfalto. Ecco le 10 moto pi&ugrave; iconiche della sua storia

Dalla Yamaha M1 al Super T&eacute;n&eacute;r&eacute;: i 10 modelli pi&ugrave; iconici della casa di Iwata

        The celebrations following Razgatlioglu&rsquo;s title and the Triple Crown (riders', constructors&rsquo; and team title) are not over yet for Yamaha. After all, the last time it won the Superbike title was back in 2009 with rookie Ben Spies. And so, to properly celebrate this incredible 2021 season, the official R1 Race Replica of the bike that saw Toprak Razgatlioglu become the first ever Turkish World Superbike champion has now been presented online. Only 21 units of the bike will be produced at the Crescent team&rsquo;s factory and it will be for track use only. Bike features  As a faithful replica of the official bike, it has all the same equipment as the current world championship winning bike: 205 hp, latest generation GYTR electronics, a WorldSBK spec Akrapovic exhaust, 175 kg weight, Ohlins suspension and Marchesini wheels, as well as the Brembo braking system and details to match that of the #54 R1. The benefits for those who buy  The R1 Race Replica will be sold at a price of 39,500 GBP and the lucky owners will benefit from a whole host of added benefits: - A limited edition badge -&nbsp; A framed certificate of purchase, signed personally by Razgatlioglu and Paul Denning and bearing both the series number and purchaser&rsquo;s details - Two VIP Yamaha hospitality passes for a 2022 WorldSBK event of the purchaser&rsquo;s choosing, VIP team guest, garage visit and the possibility to spend time with Razgatlioglu - Customised bike set-up and track sessions with James Hillier or Niall Mackenzie - A piece of 2021 clothing worn by Razgatlioglu and signed by Toprak himself Translated by Heather Watson SSP: Manzi ready to change paddock, Yamaha and VR46 hard at work       

Produced in just 21 units to celebrate a fantastic 2021 in which Yamaha scored the Triple Crown, it can be ordered from the Crescent team at a cost of 39,500 GBP

SBK: Yamaha presents the Razgatlioglu R1 Race Replica

I festeggiamenti per il titolo di Razgatlioglu e la Triple Crown (Piloti-Costruttori-Team) non sono ancora finiti in casa Yamaha. Un risultato che mancava addirittura dal 2009 con il titolo di Ben Spies nel suo anno da rookie in Superbike.  Per celebrare al meglio questo 2021 incredibile, &egrave; stata presentata online nella giornata di oggi la R1 Race Replica ufficiale della moto che ha permesso a Toprak Razgatlioglu di diventare il primo turco campione del mondo in Superbike.&nbsp;  Verr&agrave; prodotta in soli 21 esemplari nella factory del team Crescent e sar&agrave; destinata solamente alla pista.&nbsp;  SBK, Razgatlioglu come Spies. O Toprak &egrave; meglio di Ben?  Le caratteristiche della moto   Essendo una replica fedele della moto ufficiale, dispone di tutta la dotazione ufficiale della moto campione in carica: 205 cavalli, elettronica GYTR di ultima generazione, scarico Akrapovic in specifica WorldSBK, 175 kg di peso, sospensioni Ohlins e cerchi Marchesini. Ai quali si aggiungono l&rsquo;impianto frenante Brembo e dettagli del tutto uguali alla R1 #54.&nbsp;    I vantaggi per chi acquista la moto   La R1 Race Replica verr&agrave; messa in vendita al prezzo di 39500 sterline ed i fortunati acquirenti che si accaparreranno questo pezzo pregiato avranno dei vantaggi:  - Badge della limited edition  -&nbsp; Certificato di acquisto incorniciato e firmato personalmente da Razgatlioglu e Paul Denning con il numero di serie ed i dati dell&rsquo;acquirente  - Pass VIP per due persone nell&rsquo;hospitality Yamaha per un evento a scelta del Mondiale Superbike 2022, ospite VIP del team, visita al box e possibilit&agrave; di passare del tempo con Razgatlioglu  - Set up personalizzato della moto e sessioni in pista con James Hillier o Niall Mackenzie  - Pezzo di abbigliamento usato nel 2021 da Razgatlioglu e firmato dallo stesso Toprak  Sbk, Razgatlioglu come Spies. O Toprak &egrave; meglio di Ben? 

Prodotta in soli 21 esemplari per celebrare il fantastico 2021 di Yamaha con la Triple Crown, sar&agrave; in ordinabile al team Crescent al prezzo di 39500 sterline.

SBK: Yamaha presenta la Race Replica della R1 di Razgatlioglu

Avete mai pensato di analizzare le differenze tra Ducati Desmosedici GP e Ducati Panigale V4, chiedendo spiegazioni a un pilota della MotoGP? Impossibile, direte. Falso.  Lo abbiamo fatto per voi, insieme a Pecco Bagnaia, pochi giorni dopo il GP Made in Italy ed Emilia-Romagna, abbiamo parlato dei segreti del Misano World Circuit Marco Simoncelli e di un sogno nel cassetto, del quale la Ducati &egrave; stata gi&agrave; informata...  MotoGP, Ciabatti e la caduta di Bagnaia a Misano: &ldquo;Cos&igrave; fa male&rdquo;  Gli allenamenti in moto   Sei spesso impegnato in allenamenti sulla Panigale V4. In passato, i piloti della MotoGP dicevano che utilizzare le SBK stradali per allenarsi era dannoso, perch&eacute; si perdevano gli automatismi corretti per la MotoGP. Tu e Jorge Martin, per&ograve;, guidate le Panigale V4 per allenarvi: le derivate dalla serie di oggi possono davvero essere delle &#39;palestre&#39; per i piloti della MotoGP?  &ldquo;Per allenarsi a guidare la moto&hellip; bisogna guidare la moto! Oggi, inoltre, il livello tecnico di una supersportiva stradale &egrave; molto alto. Io mi sono sempre allenato con le moto di serie, anche quando correvo in Moto2. In quel periodo utilizzavo una Yamaha YZF-R6. Ora che sono in MotoGP, mi alleno con la Panigale V4, che ha delle somiglianze con la MotoGP. Inoltre, per quello di cui ho bisogno, ovvero girare in modo costante, la Panigale V4 &egrave; perfetta. &Egrave; sbagliato cercare di guidare la Panigale V4 come la MotoGP e viceversa. Scegliendo questo approccio, potrei prendere cattive abitudini ma io mi adeguo alla guida delle due moto, cercando di essere veloce dal primo giro, concentrandomi sul ritmo e impegnandomi per faticare. Cos&igrave; l&rsquo;allenamento funziona&rdquo;.    Che tempo hai ottenuto con la Panigale V4?  &quot;Circa 1&rsquo;35&rdquo;, e di passo. La Panigale V4 S che mi mette a disposizione la Ducati ha le sospensioni meccaniche, l&rsquo;impianto di scarico Akrapovic, i freni della versione R e le gomme Michelin con cui si corre il mondiale Endurance. &Egrave; poco pi&ugrave; di una Superstock ma ha delle prestazioni pazzesche!&rdquo;.  Gi&agrave; che c&rsquo;eri potevi scendere sotto 1&rsquo;35&rdquo;0!  &ldquo;Eh... dici bene... Potrei provarci ma in questi in allenamenti non faccio mai il &ldquo;time attack&rdquo;; guido a lungo con gomme usurate. Ho fatto 27 giri in 1&rsquo;35&rdquo;1, poi ho messo le gomme nuove e sono sceso a 1&rsquo;35&rdquo;0. Si potrebbe fare di meglio ma non servirebbe a niente, in queste occasioni&rdquo;.  Ci puoi spiegare come guidi la MotoGP e la Panigale V4? Quanto cambiano il modo di usare i freni, la scelta delle traiettorie e la gestione del comando gas a seconda della moto che utilizzi?  &ldquo;La maggiore differenza tra le due moto riguarda gli impianti frenanti. La MotoGP monta dischi in carbonio, la Panigale V4 monta dischi in acciaio; ovviamente il modo di utilizzare questi componenti &egrave; diverso. Detto questo, il mio approccio non cambia; io cerco sempre di frenare il pi&ugrave; tardi possibile, il pi&ugrave; forte possibile, con l&rsquo;obiettivo di percepire la perdita di aderenza della gomma anteriore. All&rsquo;inizio della mia esperienza in MotoGP faticavo tanto in staccata, quindi &egrave; in quell&rsquo;area che mi sono allenato molto e devo dire che nella fase di frenata e inserimento in curva la Panigale V4 e la MotoGP si somigliano. Per il resto, con la Panigale V4 imposto traiettorie diverse rispetto alla MotoGP&rdquo;.  Potresti essere pi&ugrave; specifico?  &ldquo;La Panigale V4 ha meno potenza della MotoGP, con cui sono costretto a fare un &lsquo;pick-up&rsquo; pi&ugrave; marcato, ovvero alzare rapidamente la moto per accelerare il prima possibile, sfruttando tutta la potenza a disposizione. Con la Panigale V4, invece, conviene disegnare traiettorie pi&ugrave; &lsquo;rotonde&rsquo;, restando piegato pi&ugrave; a lungo. Se utilizzassi questa tecnica con la MotoGP, dovrei fare i conti con un elevatissimo &lsquo;spin&rsquo; del pneumatico posteriore e non sarei veloce. La guida della Panigale V4, a livello di traiettorie, si avvicina a quella della Moto2, con cui devi fare ancora pi&ugrave; strada e cercare maggiore velocit&agrave; di percorrenza della curva. A Misano ho messo a punto una traiettoria particolare ma &egrave; un segreto e non posso rivelarlo. Diciamo che le prime tre curve sono fondamentali e che, entrando molto forte nella prima, sacrificando la seconda, riesco a ottenere un vantaggio nella terza, sia con la MotoGP, che con la Panigale V4. Non chiedetemi di pi&ugrave;...&rdquo;.  Il Curvone di Misano   Si dice che con la Panigale V4 tu riesca a percorrere il Curvone di Misano in pieno! Pare che la tua tecnica abbia lasciato a bocca aperta alcuni piloti della MotoGP... &Egrave; tutto vero? Di quale tecnica si tratta?  &ldquo;S&igrave;, &egrave; vero&hellip; C&rsquo;&egrave; soltanto un sistema per entrare in pieno al Curvone di Misano. Bisogna uscire molto forte dal Tramonto, per anticipare il pi&ugrave; possibile l&rsquo;intervento del limitatore nella marcia scelta per affrontare la Curva 11. Bisogna disattivare l&rsquo;elettronica e cos&igrave; facendo, quando si entra in pieno al Curvone, la moto si mette di traverso; deve mettersi di traverso, &egrave; fondamentale, altrimenti non &egrave; possibile mantenere la traiettoria ideale. A questo punto, piegando ad alta velocit&agrave;, il rapporto si accorcia, il motore sale di giri e a un certo punto interviene il limitatore. La velocit&agrave; cala un po&rsquo;, quel tanto che serve per chiudere la curva&rdquo;.  Diciamo subito ai lettori, soprattutto a quelli che aspirano ad avere una vita lunga e serena, che non &egrave; una tecnica di guida consigliata a un amatore! Specificato questo&hellip; hai detto che sulla Panigale V4 non usi l&rsquo;elettronica: anche sulla MotoGP preferisci guidare gestendo direttamente il comando del gas?  &ldquo;Non amo percepire l&rsquo;intervento dei controlli elettronici e per questo, anche sulla MotoGP, chiedo di sistemarli in modo tale da lasciarmi margine di manovra. &Egrave; una guida un po&rsquo; pi&ugrave; complessa ma, quando tutto funziona a dovere, &egrave; anche pi&ugrave; redditizia&rdquo;.    Dato che in gara le gomme Michelin vanno gestite e non strapazzate, questo stile di guida potrebbe averti penalizzato, quando non hai avuto la moto perfettamente a punto?  &ldquo;Penso di no. Nel weekend del GP, durante le prove, guido come se fossi in gara, lavorando sul passo; quando arriva la domenica, so cosa posso e cosa non posso fare. Sicuramente non potrei gestire l&rsquo;acceleratore come faccio in qualifica, passando velocemente da 0% gas a 100% gas. Guidando cos&igrave;, la gomma dura un paio di giri, non di pi&ugrave;&rdquo;.  In passato le Ducati venivano definite moto &lsquo;ignoranti&rsquo;, cio&egrave; performanti ma difficili da gestire al limite. Negli ultimi anni la Ducati ha cambiato completamente approccio, a livello di progettazione e collaudo, lavorando innanzitutto sulla guidabilit&agrave;. Hai avuto modo di verificare questo cambiamento?  &ldquo;S&igrave;. Ho iniziato ad allenarmi con la Panigale V4 del 2019. Ricordo che non era una moto facile e quando andavo alla ricerca del limite si muoveva abbastanza, evidenziando un&rsquo;indole stradale. Quando sono salito in sella al modello 2021, invece, mi sono accorto che c&rsquo;era stato un cambiamento enorme. L&rsquo;attuale Panigale V4 non &egrave; soltanto pi&ugrave; fruibile ma &egrave; anche pi&ugrave; facile da gestire al limite, perch&eacute; &egrave; molto pi&ugrave; stabile e precisa, in tutte le condizioni di guida. Inoltre, la forcella funziona egregiamente, tant&rsquo;&egrave; che non ho modificato la taratura. Ho soltanto chiesto di cambiare la molla dell&rsquo;ammortizzatore; al posto della 86 N/mm, ho scelto una 100 N/mm, pi&ugrave; adatta al mio stile di guida. Abbiamo mantenuto le altezze originali, che sono azzeccate. A Misano, con la Panigale V4 del 2019 non ero mai riuscito a scendere sotto 1&rsquo;36&rdquo;1, mentre con la versione 2021, come ho detto, riesco a girare costantemente un secondo pi&ugrave; veloce, faticando meno&rdquo;.    Posizione di guida, aerodinamica&hellip; potresti riassumerci le differenze tra la MotoGP e la Panigale V4?  &ldquo;La MotoGP ha una maggiore protezione aerodinamica, che serve per ottenere velocit&agrave; pi&ugrave; elevate in fondo ai rettilinei. La Panigale V4 ha una carena pi&ugrave; compatta, che enfatizza la maneggevolezza. Ovviamente, sul collo e sulle spalle sento di pi&ugrave; la pressione dell&rsquo;aria ma non &egrave; fastidiosa. Sulla MotoGP mi posso muovere pi&ugrave; liberamente in senso longitudinale rispetto alla Panigale V4, che, essendo molto corta, non mi permette di arretrare quanto vorrei; per&ograve; c&rsquo;&egrave; un serbatoio largo, su cui posso appoggiare le braccia per riposarmi. A livello di aerodinamica, &egrave; difficile fare un confronto diretto. Posso dire che a Misano, sulla MotoGP, le ali svolgono un ruolo importantissimo, perch&eacute; riducono sensibilmente l&rsquo;impennamento e permettono di abbassare il livello d&rsquo;intervento dell&rsquo;elettronica. Fatico a dire quanto sia efficace l&rsquo;aerodinamica della Panigale V4, per&ograve; ho notato che al Mugello riuscivo a transitare sul dosso che precede la staccata della San Donato senza problemi, mentre altri piloti che giravano insieme me, sulla Yamaha YZF-R1, avevano qualche problema di impennamento, in quel tratto&rdquo;.  Il sogno   Nel 2009, Marco Simoncelli sfid&ograve; i piloti della SBK, a Imola, in sella all&rsquo;Aprilia RSV4. Dato che ti alleni molto con le derivate dalla serie, hai pensato a fare qualcosa di simile?  &ldquo;Se dovessi farlo, forse correrei su una pista che conosco. Non so, dovrei pensarci... Comunque la Ducati non mi ha mai chiesto di partecipare a una gara del mondiale SBK e io non ho mai espresso la volont&agrave; di correrla, per&ograve;&hellip; posso dire che ho chiesto a Paolo Ciabatti di gareggiare alla 8 Ore di Suzuka! Mi piacerebbe tanto prendere parte a quella corsa, assieme alla Ducati, con una Panigale V4 preparata nel modo migliore possibile. Sono esperienze che bisogna fare. Inoltre, per le Case giapponesi la vittoria alla 8 Ore di Suzuka vale come e pi&ugrave; di un successo in MotoGP e per questo mi darebbe ancora pi&ugrave; gusto essere al via di quella gara!&rdquo;.  Qual &egrave; stata la risposta di Paolo Ciabatti?  &ldquo;Vedremo&hellip;&rdquo;.  MotoGP, Valentino Rossi: &ldquo;Marquez mi ha fatto perdere nel 2015&rdquo; 

Bagnaia si allena a Misano in sella alla Panigale V4, sognando anche di sfidare i giapponesi a Suzuka! Pecco ci ha raccontato l&rsquo;evoluzione della pi&ugrave; potente SBK bolognese, le differenze con la Desmosedici GP e i trucchi per guidare al limite tra i cordoli del tracciato intitolato a Marco Simoncelli

MotoGP, Bagnaia: &ldquo;Ho chiesto a Ciabatti di fare la 8 Ore di Suzuka&rdquo;

Si scrive SERT ma si legge Mondiale Endurance, perch&eacute; in quarant&rsquo;anni di attivit&agrave; il Suzuki Endurance Racing Team ha scritto la storia delle gare di durata. Un&rsquo;epopea iniziata nel 1980 per mano di Dominique M&eacute;liand, fondatore e guida di una squadra che si &egrave; imposta come riferimento indiscusso della specialit&agrave;, con 15 titoli iridati e una settantina di vittorie. Forse &egrave; destino che la Suzuki si sia imposta in questa tipologia di corse, dato che il debutto di Hamamatsu nelle gare, nel 1960, coincise con l&rsquo;inizio delle gare di durata. In realt&agrave;, per&ograve;, &egrave; soltanto dagli anni &lsquo;80 che la Suzuki ha iniziato a muovere i primi passi nel campionato, che nel 1980 divenne Mondiale, prendendo il nome di FIM Endurance World Championship. L&rsquo;amore per le moto, si sa, &egrave; pi&ugrave; forte di ogni altra cosa.  Per questo, nemmeno la scomparsa del suo migliore amico in un incidente motociclistico bast&ograve; a far desistere M&eacute;liand dall&rsquo;idea di fondare la sua struttura dedicata alle corse: sul finire degli anni &lsquo;70, l&rsquo;ex pilota di Ceton realizz&ograve; la propria squadra, con l&rsquo;intento di competere in quelle gare di durata in cui aveva corso in passato. Erano anni di grande fermento per l&rsquo;Endurance che, merito del ritrovato interesse del pubblico, e cos&igrave; venne ampliato il calendario, spingendo al contempo verso le Formula TT. Un cambiamento che and&ograve; a minare la popolarit&agrave; della serie, ma spost&ograve; anche gli equilibri del campionato. Con la nascita dell&rsquo;EWC, infatti, nuovi competitors si affacciarono ai nastri di partenza della serie, dando filo da torcere alla Honda, che fin l&igrave; l&rsquo;aveva fatta da padrona. Tra questi, proprio il team fondato da Dominique, che si present&ograve; con un inizio spumeggiante.  Alex Polita: &ldquo;In Superstock 1000 tenevo la Suzuki per le corna&rdquo;  L&#39;esordio   Era il 1980, quando l&rsquo;equipaggio formato da Pierre-&Eacute;tienne Samin e Frank Gross fece il suo debutto nell&rsquo;Endurance con la Suzuki privata del francese. E arrivarono subito i successi nella 1000 km di Zeltweg e al Bol d&rsquo;Or di quell&rsquo;anno. Un esordio tanto strabiliante da impressionare i vertici della Casa di Hamamatsu che, sul finire della stagione, chiesero a M&eacute;liand di trasformare il suo team nella squadra ufficiale Suzuki. Proposta inizialmente rifiutata da &ldquo;Le Chef&rdquo;, che si lasci&ograve; convincere soltanto dopo mesi di trattative, ponendo una condizione imprescindibile: mantenere il potere decisionale, senza alcun condizionamento esterno. Ricevuto il benestare della Casa madre, nacque il Suzuki Endurance Racing Team.  Un uomo solo sul ponte di comando. Questa la filosofia portata avanti dal SERT che, per quasi quarant&rsquo;anni, ha trovato in M&eacute;liand il suo fidato condottiero. Padre e padrone della squadra, fondatore e team manager, con carisma e dedizione il francese ha portato la Suzuki nell&rsquo;Olimpo dell&rsquo;Endurance, reinventando la squadra di anno in anno, per continuare a mietere successi. Alle vittorie da privato del 1980, ne seguirono altre otto nel triennio successivo, culminato con il primo titolo iridato conquistato da Herv&eacute; Moineau e Richard Hubin, con la Suzuki GS 1000 R. Meno redditizi i tre anni seguenti, in cui il Mondiale fu appannaggio della Honda, grazie alla RVF750 governata da G&eacute;rard Coudray e Patrick Igoa. Ma la risposta della Suzuki non si fece attendere e, a un 1986 avaro di successi, fecero seguito le cinque vittorie firmate da Moineau e Bruno Le Bihan nel 1987, che riconsegnarono il titolo alla Casa di Hamamatsu. Impresa bissata l&rsquo;anno successivo, con Moineau di nuovo campione assieme a Thierry Crine. Segu&igrave; per&ograve; un ulteriore periodo buio, con soltanto due trionfi messi a segno tra il 1989 e il 1996 (la 24 Ore di Liegi del &lsquo;91 e il Bol D&rsquo;Or del &lsquo;93), periodo in cui furono Honda e Kawasaki a spartirsi gli otto titoli.  Successi e (poche) sconfitte   Il team SERT rispose nel 1997, quando Peter Goddard e Doug Polen centrarono l&rsquo;iride, vincendo la 24 Ore di Le Mans e la 24 Ore di Liegi, in equipaggio con Juan-Eric Gomez. Obiettivo Mondiale raggiunto anche nel 1999 con Terry Rymer e Jehan d&rsquo;Orgeix, trionfatori al Bol d&rsquo;Or. Nei primi anni 2000 altri tre titoli iridati entrarono nella bacheca del costruttore giapponese, ma a conquistarli non fu la squadra ufficiale. Nel 2000, infatti, Peter Linden e Warwick Nowland regalarono il Mondiale al Team Suzuki GB-Phase One, iridato anche nel 2003 con James Ellison e Jason Pridmore. Nel mezzo, il 2002 vide primeggiare la Suzuki GSX-R 1000 della compagine cinese Zongshen 2. Sfumato il titolo nel 2004, fu il 2005 l&rsquo;anno della riscossa per lo squadrone francese, che torn&ograve; a issarsi sul tetto del Mondo con il primo di quattro allori consecutivi. Due dei quali vinti, con la denominazione di Suzuki Castrol Team, da Vincent Philippe, Matthieu Lagrive e Keiichi Kitagawa, che diede il suo addio alle competizioni, nel 2006, da campione del Mondo.    Inarrestabili, le GSX-R1000 del team ufficiale continuavano a conseguire successi a un ritmo spaventoso, lasciando soltanto le Briciole agli avversari dello Yamaha Austria Racing Team. Tuttavia, nel 2009, ai rivali riusc&igrave; lo sgambetto: Gwen Giabbani, Igor Jerman e Steve Martin interruppero la striscia di titoli del SERT, portando all&rsquo;iride, per la prima volta, la Yamaha YZF-R1. Ma la squadra ufficiale Suzuki rispose subito al passaggio a vuoto: nel 2010 l&rsquo;equipaggio tutto francese con Philippe, Guillaume Dietrich e Freddy Foray mise a segno tre successi, che valsero al team il primo di altri quattro Mondiali consecutivi. A dominare la scena in quegli anni, assieme al compagno di squadra Philippe fu il connazionale Anthony Delhalle, astro nascente delle gare di durata. Tra il 2011 e il 2016, infatti, il duo francese accompagnato da Foray, Erwan Nigon ed Etienne Masson, riusc&igrave; a regalare ben cinque titoli a M&eacute;liand, perdendo soltanto il campionato del 2014, finito nelle mani del Team Yamaha Racing- GMT 94 Michelin. Tutto sembrava procedere a gonfie vele: messo in bacheca il quindicesimo titolo targato SERT, la stagione 2016-17 si era aperta sotto ai migliori auspici, con la vittoria del Bol d&rsquo;Or. Ma proprio nel biennio successivo, il team ufficiale Suzuki si &egrave; trovato a vivere il momento pi&ugrave; duro della sua storia. La prima batosta arriv&ograve; il 9 marzo 2017. Anthony Delhalle si trovava sul circuito di Nogaro per un test privato in vista della 24 Ore di Le Mans, quando perse la vita in un tragico incidente in sella alla Suzuki ufficiale. Di l&igrave; a pochi giorni la seconda botta: perso il capitano dell&rsquo;equipaggio titolare, la squadra si trov&ograve; a gestire l&rsquo;assenza del suo condottiero. M&eacute;liand sub&igrave; una delicata operazione cardio-vascolare, che lo tenne lontano dai circuiti fino al Bol d&rsquo;Or 2017. Inevitabile il sesto posto con cui la compagine francese chiuse la stagione 2017- 18 al sesto posto della graduatoria, inseguendo un podio arrivato soltanto nella 24 Ore di Le Mans 2019. Messo alle spalle il tormentato debutto della nuova GSX-R 1000, quello a cavallo tra il 2018 e il 2019 sembrava poter essere il campionato del riscatto.  Il congedo di M&eacute;liand   Ma la realt&agrave;, spesso, non coincide con le aspettative e quella che poteva essere la pi&ugrave; dolce delle vittorie si trasform&ograve;, per citare M&eacute;liand, in un&rsquo;atroce &quot;Beffa del destino&quot;. Amara fu la 8 Ore di Suzuka, finale di stagione e ultima gara del SERT disputata sotto la guida di &ldquo;Le Chef&rdquo;. Provato dall&rsquo;ultimo biennio, Dominique aveva deciso di abdicare dopo quasi quarant&rsquo;anni di onorato servizio, lasciando il comando della squadra al termine della 8 Ore, in cui il team si giocava il sedicesimo alloro. A cinque minuti dalla bandiera a scacchi, il titolo sembrava cosa fatta: allo squadrone Suzuki (con Masson, Philippe e Gregg Black) bastava mantenere la testa della corsa per laurearsi campione ma, a un passo dalla meta, il cedimento del motore della Gixxer #2 mand&ograve; in fumo ogni speranza, inondando la pista di olio.    &ldquo;&Egrave; arrivato il momento di cedere le responsabilit&agrave; alla prossima generazione. Spero che ci sia un futuro meraviglioso dinnanzi al nuovo corso&rdquo;. Cos&igrave; si congedava M&eacute;liand. Parole dal sapore profetico. La disfatta di Suzuka sembrava aver decretato la fine di un mito, con il SERT a secco di vittorie da quasi tre anni. Ma dopo la tempesta torna a splendere il sereno e, contro ogni pronostico, la squadra francese &egrave; tornata al suo posto: sul gradino pi&ugrave; alto del podio, trionfando al Bol d&rsquo;Or 2019. Cio&egrave; la prima gara con il nuovo team manager, Damien Saulnier, a neanche due mesi dall&rsquo;innesto del nuovo organigramma. Un successo storico.  MotoGP, Capirossi: &ldquo;Nel 2007 faticavo con la Ducati, la Suzuki &egrave; pi&ugrave; facile&rdquo; 

Con quattro decenni di successi, impreziositi dal doppio poker degli anni 2000, il team SERT &egrave; entrato nell&rsquo;olimpo delle gare di durata. Merito delle idee di M&eacute;liand, fondatore della squadra, andato in pensione nel 2019

SERT, il team che ha fatto la storia dell&#39;Endurance

Oggi si gode la sua famiglia in Texas e ogni tanto si rimette la tuta per farsi qualche giro, ma in passato &ldquo;Elbowz&rdquo;(per il suo modo di guidare a gomiti larghi) o &ldquo;Texas Terror&rdquo; &egrave; stato un tre volte campione AMA, campione Sbk al suo primo tentativo oltre ad aver corso in MotoGP con Suzuki, Yamaha e Ducati.  Stiamo parlando naturalmente del nativo di Memphis ma cresciuto motociclisticamente in Texas Ben Spies.&nbsp;  Gli inizi   Nato a Memphis l&rsquo;11 luglio 1984, ha iniziato a correre in Texas con le 125 prima di diventare professionista nel 2000. Nello stesso anno debutta nell&rsquo;AMA Supersport per poi correre due anni nella Superstock e nel 2003 passa all&rsquo;AMA Superbike con il team Yoshimura Suzuki.  L&rsquo;AMA Superbike   Quello che oggi si chiama MotoAmerica fino al 2014 era riconosciuto come l&rsquo;AMA Superbike, un campionato vinto in passato da piloti poi approdati nel Motomondiale ed in Superbike come Lawson, Merkel, Rainey, Polen, Russell, Corser, Bostrom, Hayden&hellip;Dopo un paio di anni di apprendistato, il 2006 &egrave; l&rsquo;anno giusto per Ben per scalzare dal trono la star australiana Mat Mladin, vincitore di 6 titoli tra il 99 ed il 2005. Ben strappa il titolo a Mladin con 6 vittorie consecutive ad inizio stagione e chiudendo con 649 punti, 8 in pi&ugrave; di Mladin.  Nel 2007 bissa il titolo e nel 2008 addirittura fa tris di campionati prima di passare alla MotoGP come wild card.  La MotoGP - primo stint   Il tris di titoli nell&rsquo;AMA Superbike, l&rsquo;ultimo nel 2008, apre la strada a Ben per un futuro in MotoGP. Nel 2008 con il team Rizla Suzuki disputa tre gare in qualit&agrave; di wild card: Donington Park, Laguna Seca ed Indianapolis, giungendo sesto al traguardo proprio ad Indy.  Nel 2009, da fresco campione Sbk con Yamaha, viene premiato con la gara finale della stagione MotoGP a Valencia, chiusa al settimo posto.  La Superbike   Nel 2009 passa dal campionato nazionale Superbike al Mondiale con la Yamaha R1 del team Sterilgarda WorldSBK con al fianco l&rsquo;inglese Tom Sykes. Ben &egrave; un rookie del Mondiale, la carta giusta di Yamaha per vincere finalmente un titolo piloti. La sua stagione &egrave; strepitosa: 14 successi, 17 podi ed 11 pole position gli permettono di battere un certo Nori Haga e prendersi il primo ed unito titolo in Superbike della sua carriera.  La MotoGP - secondo stint   Dopo la wild card di Valencia nel 2009, Ben viene messo sotto contratto dal team Tech3 per il 2010. La prima stagione del nativo di Memphis &egrave; positiva: 2 podi per un sesto posto finale con 176 punti.  Nel 2011 passa al team interno al fianco di Jorge Lorenzo in sostituzione di Rossi passato in Ducati. La stagione 2011 &egrave; migliore della precedente: 4 podi totali, la vittoria ad Assen e quinto posto finale con 176 punti, curiosamente gli stessi dell&rsquo;anno precedente.  L&rsquo;anno seguente rimane nel team ufficiale ma la stagione &egrave; falcidiata da problemi tecnici: giunge due volte quarto, in Olanda e Germania, e chiude la stagione anzitempo saltando Australia e Valencia per un infortunio alla spalla destra.  Per il 2013 si accasa al team Pramac Ducati al fianco di Andrea Iannone. Nonostante risenta ancora della lussazione alla spalla rimediata sul finire dell&rsquo;anno precedente, riesce a portare a termine le gare di Qatar e Texas. Salta tutta la prima parte di stagione e prova a rientrare ad Indianapolis. Nelle prove per&ograve; si fa male alla spalla sinistra ed &egrave; costretto a saltare tutte le altre gare della stagione.  Il 26 ottobre 2013, al termine delle qualifiche del GP Giappone a Motegi, Ben e Ducati annunciano la risoluzione del contratto e l&rsquo;americano annuncia il ritiro dalle corse per i problemi alle spalle.  Ben Spies ha detto basta  Gli ultimi anni   Dopo le operazioni subite alle spalle per risistemarle dopo gli infortuni subiti nel 2012 e nel 2013, Ben ha continuato a guardare le gare da casa sua. Negli anni successivi alle operazioni, si &egrave; rimesso tuta e casco per un evento al quale era presente anche Casey Stoner. Ben inoltre ha provato anche a rientrare nell&rsquo;Enduro americano ma senza molto successo. 

Dal Giappone torniamo negli USA per la nuova puntata della nostra rubrica &ldquo;che fine ha fatto&rdquo; dedicata ad un talento texano, spentosi troppo presto (motociclisticamente parlando) a causa degli infortuni, che ne hanno minato la carriera in MotoGP

Che fine ha fatto: Ben Spies

Trentaquattro edizioni, la stessa et&agrave; di Jonathan Rea: la SBK sta per partire e ha nel sei volte iridato il Re della storia del campionato dedicato alle moto derivate di serie, pronto a disputare il primo round stagionale 2021. Il Motorland di Arag&ograve;n ospita l&#39;inaugurale appuntamento, poi si andr&agrave; direttamente all&#39;Estoril, in Portogallo, poi il resto del calendario.  Appunto, &egrave; il trentaquattrenne di Ballymena il candidato numero uno al... numero 1. Il pilota del team Provec ha una Kawasaki Ninja nuova, ancora pi&ugrave; performante, guidabile e veloce. I record stabiliti nei test invernali confermano quanto e come il Cannibale abbia ancora fame.&nbsp;  La tavola verr&agrave; imbandita tra pochi giorni, vedremo chi manger&agrave; di pi&ugrave;. Per arrestare la furia nordirlandese ci vogliono attributi in sella, una eccellente moto, una squadra all&#39;altezza e la ferma convinzione di voler spodestare dal trono il pi&ugrave; vincente di sempre. Qualcuno ci riuscir&agrave;? Chi sar&agrave; questo qualcuno? Di certo, non gli alfieri Orelac e Pedercini, ovvero, Isaac Vinales, Loris Cresson e Samuele Cavalieri, giovani, promettenti, tuttavia acerbi e... privati.  Ducati, bilancio piloti in rosso... o in azzurro?!     Il 2011 &egrave; ormai lontano e il Mondiali piloti centrato da Carlos Checa con la Ducati Althea appare un annebbiato ricordo. Va benissimo affermarsi nella graduatoria dedicate alle squadra - Aruba Factory detentrice in carica - ma il primo posto assoluto &egrave; anche meglio.  Ecco il duo ufficiale Scott Redding-Michael Ruben Rinaldi, sulla carta completo ed agguerrito. Sar&agrave; pure coeso? A Borgo Panigale sperano di s&igrave;, perch&eacute; hanno &quot;dirottato&quot; in Go Eleven (formazione titolata Indipendente) Chaz Davies, per&ograve; sostenendolo e supportandolo. Essere solo nel box e come meno pressioni, potrebbe aprirgli ottime strade.  Siccome in KRT i ruoli sono pi&ugrave; che chiari - Rea prima guida, Lowes seconda) sarebbe utile, ma non necessario, fare la stessa cosa nel contingente della Rossa. Perch&eacute; i pur bravissimi Tito Rabat ed Axel Bassani, rispettivamente provenienti da MotoGP e Supersport, al momento non sono papabili di titolo. Chi lo sar&agrave; tra i tre galli del pollaio Ducati. Un gallese?  Yamaha, chi cavalcher&agrave; l&#39;onda blu pi&ugrave; alta?     Cinque R1, attenzione soprattutto alle seguenti quattro: la numero 54, guidata dal cavallo pazzo Toprak Razgatlioglu. La 31, con in sella l&#39;americano Garrett Gerloff. La 55, condotta dal campione Supersport, Andrea Locatelli. La 3, per un Kohta Nozane che si porta al seguito una guarnigione nipponica impressionante.&nbsp;  Mina vagante pure la 23 del neonato Alstare Yamaha, per l&#39;unica punta Christophe Ponsson. Seppur bravo, per&ograve;, il francese non rientra nei favori del pronostico. Ci entrano Razga - caspita se ci entra - e &quot;Garrett Gerloff is my friend&quot;, texano GRT.  Due squadre diverse, entrambe direttamente foraggiate da Yamaha, desiderosa di ripetere quanto fatto con Ben Spies nel lontanissimo 2009. Texar Terror era... texano. Non possiamo fare previsioni di sorta, ma volete dire che.... naaa, coincidenze. Oppure s&igrave;? Vedremo, dai.  BMW, quatta quatta. Anzi, quattro, quattro     Quattro nuovissime ed alata M1000 RR, potenti ed armate come stukas tedeschi. Sar&agrave; missilistica la quattro (aridaje) cilindri bavarese? Ci spera parecchio, Michael Van Der Mark, poich&eacute; passato da Yamaha a BMW nella convinzione - e con in tasca qualche euro in pi&ugrave; - di ottenere meglio di quanto fatto con la R1.  Al suo fianco, lo stagionato Tom Sykes, campione 2013 insieme a Kawasaki. L&#39;inglese &egrave; un lupo di mare del paddock, quanta voglia avr&agrave; di sbracciare tra onde e squali nemici? Anche perch&eacute; il pi&ugrave; giovane e carichissimo Jonas Folger ambisce proprio ad una sella del team SMR, vertendo sul fatto di essere teutonico e connazionale.  Diverso il discorso di Eugene Laverty, unico attaccante di RC Corse, con all&#39;attivo un solo test. Poco, malgrado l&#39;esperienz dell&#39;irlandese potrebbe dare la marcia in pi&ugrave; necessaria. Lui &egrave; il collaudatore della Casa, sviluppa, richiede modifiche, le approva o boccia. Ma la cattedra maggiormente ambita sar&agrave; da assegnarsi in diverse graduatorie.  Honda, consigliabile evitare un harakiri     Si tratta di una questione d&#39;onore, accidenti. Quando i giapponesi della Casa di Tokio fanno appiccicare sulle proprie motociclette l&#39;adesivo &quot;HRC&quot;, significa che sono messi in pista tecnologia, uomini, mezzi, soldi ed il posto di lavoro di qualcuno.  La coppia costituita da Alvaro Bautista e Leon Haslam &egrave; sicuramente la pi&ugrave; esperta della griglia, tuttavia la meno fresca. Per battere Rea - e non solo il portacolori Kawasaki - occorre una fame micidiale, accompagnata da una costanza di rendimento d&#39;eccellenza.  Per ora, lo spagnolo e l&#39;inglese non hanno garantito quanto elencato, anzi... Vuoi che la pandemia abbia limitato lo sviluppo 2020 della Fireblade, vuoi che... che vuoi? L&#39;anno scorso un solo podio per il numero 19, terzo gradino proprio ad Arag&ograve;n. Le mail Europa - Giappone, Giappone - Europa si sprecheranno in caso di nemmeno una affermazione di tappa, non alla portata del MIE Moriwaki di Leandro Mercado.  Miller, l&#39;aussie della MotoGP: Jack &egrave; pi&ugrave; Doohan o Stoner?  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp; 

Rea &egrave; nel mirino dei fucili nemici, perch&eacute; su Kawasaki punta al settimo titolo. Sar&agrave; lotta interna in Ducati, con Redding, Rinaldi e Davies da posizioni di vertice. Squadrone Yamaha spinto da Razgatlioglu e Gerloff, si attendono i risvegli di Honda e BMW

SBK, ad Arag&ograve;n si apre la &quot;cacciagione&quot; 2021

L&rsquo;ultima volta lo abbiamo visto impegnato nel CIV, nel quale ha anche corso, per seguire i suoi figli ma ce lo ricordiamo come il massimo esponente della scuola giapponese del Motociclismo per quanto riguarda la Superbike, un po&rsquo; meno nel Motomondiale dove non ha particolarmente brillato nelle sue due esperienze.  Stiamo parlando di Noriyuki Haga, il re senza corona della Superbike, pilota simpaticissimo che si &egrave; fatto ben volere dal pubblico italiano sia per il suo stile di guida ma anche per la sua dialettica, soprattutto nel pre gara...  Gli inizi: 250 e Superbike in Giappone   Nori nasce a Nagoya il 2 marzo 1975 e come tutti i piloti della sua generazione fa la sua bella gavetta nel Campionato nazionale, prima in 250 e poi direttamente in Superbike. Nel 1997 diventa campione giapponese Superbike andando a disputare gli ultimi due round del Mondiale dello stesso anno.  La Superbike   Prima di ottenere una sella come pilota titolare, passa da delle wild card. La prima in assoluto risale al 1994 con una Ducati 888 del team Foundation sulla pista di casa di Sugo: subito seconda fila in qualifica e 12&deg; posto in gara-2  Nel 1995 inizia la prima parte della sua storia d&rsquo;amore con Yamaha. Ancora wild card a Sugo ma non ottiene punti. L&rsquo;anno seguente ci riprova&nbsp;e centra il 2&deg; posto in gara-1,&nbsp;cogliendo il primo podio di carriera.  Nel &#39;97 disputa le ultime due gare del Mondiale, Sugo ed Indonesia. In Giappone coglie la prima vittoria in carriera &nbsp;oltre ad un secondo posto. 5&deg; e 3&deg; posto invece in Indonesi, concludendo 15&deg; in classifica generale.  Yamaha gli d&agrave; fiducia e lo porta in pianta stabile nel Mondiale per il 1998. Centra 5 vittorie e chiude sesto con 258 punti dopo essere anche stato in testa a quell&rsquo;incredibile mondiale per alcune settimane.  La stagione 99 di NitroNori &egrave; fatta di alti e bassi. Coglie una sola vittoria ma i troppi ritiri collezionati gli fanno chiudere la stagione a quota 196 punti.  Il 2000 deve essere finalmente l&rsquo;anno buono per Nori e la sua Yamaha R7. Nel team capitanato da Davide Brivio per&ograve; non hanno fatto i conti con Honda che ha schierato l&rsquo;artiglieria pesante, la VTR1000SP bicilindrica. Nonostante la disparit&agrave; di mezzi, Nori vince 4 gare e chiude al secondo posto dietro a Edwards una stagione macchiata dalla squalifica per doping, prima in Sudafrica e poi ratificata nel round finale di Brands Hatch.  Nell&rsquo;inverno del 2001 firma per l&rsquo;Aprilia per tornare in Superbike nel 2002 dopo l&rsquo;anno in 500. Chiude al quarto posto con 278 punti e 7 podi.  A fine 2003 firma per il secondo ritorno in Superbike nel 2004, questa volta con la Ducati 999 del team Renegade in coppia con Leon Haslam. Centra sei successi e chiude al terzo posto dietro Toseland e Laconi.  Finita la prima esperienza in Ducati, nel 2005 torna in Yamaha con la nuova R1. Centra 2 vittorie e 10 podi totali chiudendo al terzo posto il campionato vinto da Corser con la Suzuki del team Alstare.  Nel 2006 chiude ancora al terzo posto il campionato, questa volta dietro Bayliss e Toseland con 1 sola vittoria ed 11 podi.  Per la stagione 2007 parte ancora per cercare di conquistare quel tanto agognato titolo, ma gli sfugge anche questa volta. Due soli i punti che separano Toseland e Nori a fine stagione.  Il 2008 &egrave; l&rsquo;ultimo anno di Haga in Yamaha prima del ritorno in Ducati. Centra 7 vittorie ed 11 podi totali chiudendo ancora al terzo posto il campionato dietro ai due aussie Bayliss e Corser.  Nel 2009 torna in Ducati, ingaggiato dal team Xerox per sostituire Troy Bayliss. Career high con 8 successi ma il titolo gli sfugge anche questa volta a favore del rookie di Yamaha Ben Spies.  Dal 2010 inizia la fase calante della sua carriera: a fine stagione &egrave; 6&deg; con due soli successi. Nel 2011 torna in Aprilia con la RSV4 del team Pata e chiude ottavo con 4 podi all&rsquo;attivo.  Nel 2013 torna one shot nel round di Imola con la BMW del team Grillini centrando gli ultimi due punti di una straordinaria carriera nelle derivate di serie.  La sua carriera in Superbike si chiude con 314 gare, 43 successi, 116 podi, 7 pole e 3691 punti conquistati.&nbsp;  La 500/MotoGP   Due gli stint di Nori nella Top Class del Motomondiale: nel 2001 e nel 2003. Nel 2001 passa al team RedBull Yamaha WCM in 500 in coppia con l&rsquo;australiano Garry McCoy chiudendo 14&deg; con 59 punti e il 4&deg; posto in Inghilterra come miglior risultato in gara.  Nel 2003 disputa l&rsquo;unica stagione in MotoGP in sella alla Aprilia RS Cube in coppia con Colin Edwards. Esattamente come due anni prima chiude 14&deg; in campionato con 47 punti ed il 7&deg; posto in Inghilterra come miglior risultato.  All&rsquo;attivo ha anche una wild card in Giappone nel 98: coglie il suo primo ed unico podio nel Motomondiale tagliando il traguardo al terzo posto.  L&rsquo;EWC   Non tutti sanno che Nori ha disputato anche il Mondiale Endurance e soprattutto la prestigiosa (per i costruttori giapponesi) 8 ore di Suzuka in due momenti molto importanti, nel 1996 e nel 2016.  Nel 96, da pilota Yamaha nel campionato giapponese, disputa e vince la gara in coppia con Colin Edwards.  Simbolica l&rsquo;apparizione nel 2016 a 20 anni da quel 96. Gara disputata con la Suzuki insieme a Brookes e Tsuda.  Gli ultimi anni: BSB e CIV   Negli ultimi anni di carriera, Nori &egrave; passato anche dal BSB e dal nostro Campionato Italiano. Nel 2012 chiude il campionato all&rsquo;8&deg; posto con un podio all&rsquo;attivo. Finita l&rsquo;esperienza inglese, torna al campionato giapponese e nel frattempo diventa anche imprenditore nella ristorazione aprendo un ristorante giapponese a Milano  Qualche anno dopo, nel 2017, si rimette in gioco partecipando alla Coppa Italia nel contesto del CIV. Vince la gara al Mugello e nel 2018 partecipa al CIV Supersport con la Yamaha R6 del team AG Motorsport Italia seguendo da vicino la crescita dei figli Akyto e Ryota impegnati nella Supersport 300. 

Dopo Harada torniamo in Giappone per parlare di &ldquo;NitroNori&rdquo;, il pilota nipponico cimentatosi negli ultimi anni nel CIV, ma che ha avuto un passato glorioso in Superbike. Un po&rsquo; meno nel Motomondiale

91 risultati per 'R1 2009'

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